Quattro giovani inglesi ricevono dal loro network preferito, 'All2gethr.com' , un viaggio premio con destinazione New York su un jet privato, a loro totale disposizione. Una volta saliti sull'aereo, dopo aver lasciato a terra i loro cellulari, vengono invitati a partecipare a un nuovo gioco virtuale, attraverso i pc di bordo. Si accorgeranno ben presto che, imprigionati su un velivolo che viaggia a 8000 metri di altitudine, stanno partecipando ad un gioco molto pericoloso, che ha in palio niente meno che la loro stessa vita...
E' interessante questa idea di Chris Crow ("Devil's Bridge" 2010), diciamolo subito e senza indugi. Si tratta, innanzitutto di un film molto inglese, soprattutto nella scrittura, che mi ha ricordato addirittura certe pieces teatrali di Harold Pinter, per l'ambientazione claustrofobica e per l'interazione, dipinta con toni crudeli, tra i personaggi sulla scena. Come in una commedia di Pinter, la tensione sale gradualmente, per poi sfociare nella gratuità di una violenza umana insensata, quanto intrinsecamente comunque umana. Il sadismo di tutta una situazione che vede i quattro protagonisti rinchiusi nel loro sogno modesto, che si trasforma presto in un incubo, è modulato attraverso i modi freddi della fotografia di un ottimo Simon Poulter, che illumina un clima molto british, sebbene spostato a 8000 metri di altitudine. E' un sadismo gelidamente psicologico, per nulla splatter, ma che, a maggior ragione, genera nello spettatore un effetto straniante, da operazione entomologica con l'insetto al microscopio da osservare nel suo stato di annichilimento senza speranza. La scrittura è davvero ben condotta, perchè parte in maniera lenta all'inizio, per poi procedere a scatti improvvisi, a colpi di scena e azioni di lotta tra i protagonisti, tutti elementi che lasciano il segno su chi guarda, senza voler mai cadere nell'inutilmente spettacoloso e/o effettistico gratuito. Il gioco al massacro si attorciglia lentamente come una vite americana attorno alla nostra curiosità, mantenendola vigile, ma senza mai toccare troppo seduttivamente le corde di qualsiasi voyeurismo insito in ciascuno di noi. Guardando il film, mi son detto: 'bè, son proprio bravi gli inglesi', tanto quanto ho avuto modo, varie volte, di dire: 'bè son proprio bravi i francesi'. In fatto di horror, naturalmente. Gli inglesi, tuttavia, come ho avuto modo di ribadire in altre recensioni a film anglosassoni, sembrano avere quel pizzico di cinismo filosofico in più, quel senso di letterario pessimistico-esistenziale che gli arriva chissà da dove, forse da Poe, forse addirittura da Shakespeare in persona, non lo so. Fatto sta che questo "Panic Button", oltre a farmi associare Pinter, mi ha fatto venire in mente il McEwan di "Cortesie per gli ospiti", per esempio. Il che non è poca cosa rispetto ai miei filoni associativi preconsci che abito e frequento più abitualmente. Ma torniamo al film, molto teatrale, molto drammaturgico, ripeto, nel senso proprio del "drama", nel quale i protagonisti si muovono recitando in modo sobrio ma intenso, mai isterico, o urlato, ma sempre sul pezzo, sul copione, consapevoli del fatto che loro sono lì per dar vita a una storia. Crow li dirige con movimento di macchina pacato, ovviamente quasi sempre in piano medio o primo piano, considerata l'angustia dello spazio dell'aereo maledetto, e alternando spezzoni video in bianco e nero, girati con videocamera digitale amatoriale in cui ci vengono mostrate le sequenze più violente. Aldilà del sottotesto un pò vieto, e di ispirazione chiaramente sociologica, che mira ad una critica dell'anonimato di certe frequentazioni del web indirizzate verso una deriva etica che Crow mette in primo piano nel suo script, se vogliamo trovare un ulteriore difetto nel film. questo è senz'altro l'uso della voce fuoricampo dell'aguzzino. Tale espediente ci ricorda troppo Jigsaw/Kramer della saga di "Saw", e non ci spieghiamo perchè Crow opti per questa banalissima soluzione, innestandola su una pianta che coltiva con tanto amore per 91 minuti di pellicola. Infatti è a partire dall'incipit, molto potente, spiazzante, che il regista mostra un talento inusuale, per poi introdurre questo aguzzino fantasmatico che però ci ricorda troppo il solito Jigsaw. Fortunatamente si tratta di una nota stonata che tutta l'architettura del film demistifica e ridimensiona alquanto, modulando sapientemente l'apparato estetico-visivo in ben altre e diverse direzioni rispetto a "Saw". Si poteva comunque a mio avviso evitare questo rimando, sebbene Crow non lo accentui oltre il limite del sopportabile. Terminiamo con una nota di merito alla colonna sonora di Mark Rutherford, che sa infiltrarsi nei punti giusti nella narrazione, sottolineando in modo fine e incisivo i momenti di svolta della storia. "Panic Button" è in sintesi un film che mi sento decisamente di consigliare.
Regia: Chris Crow Sceneggiatura: Chris Crow, Frazer Lee, John Shackleton, David Shillitoe Montaggio: John Gillanders Fotografia: Simon Poulter Musiche: Mark Rutherford Cast: Jack Gordon, Millie Midwinter-Lean, Elen Rhys, Scarlett Alice Johnson, Michael Jibson Nazione: Gran Bretagna Produzione: Movie Mogul Films Durata: 91 min.