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martedì 21 luglio 2015
venerdì 10 luglio 2015
Unfriended, di Levan Gabriadze (2015)
Un gruppo di amici sempre collegati online su Skype si trovano improvvisamente ad essere posseduti dallo spirito di una loro amica morta. Internet si rivelerà per loro un vero inferno...
Regia: Levan Gabriadze Soggetto e Sceneggiatura: Nelson Greaves Cast: Shelley Hennig, Moses Storm, Renee Olstead, Will Peltz, Jacob Wysocki, Courtney Halverson, Heather Sossaman, Matthew Bohrer Nazione: USA, Russia, Polonia, Germania, Puerto Rico Produzione: Bazelevs Production, Blumhouse Productions Durata: 83 min.
Delegare
in toto la costruzione di un mockumentary
a sei webcam per Skype, mantenendole
inoltre a inquadratura fissa in simultanea per ben 83 minuti, è
un'operazione quantomeno coraggiosa, almeno negli intenti. Il giovane
regista Gabriadze
è dunque coraggioso, ma decisamente il coraggio non gli é
sufficiente per vincere l'agòne, anzi, al contrario lo sposta su
territori pseudo-sociologici con ammiccamenti, del tutto privi di
spessore, all'adolescenza contemporanea e ai suoi intrecci per lo più
perversi con la tecnologia. Il tragitto del film giunge quindi,
infine, su sponde moralistiche di cui nessuno sentiva il bisogno,
soprattutto se il pubblico frequenta un genere, quello Perturbante,
che con il moralismo non ha mai intrattenuto buoni rapporti.
Intendo
dire che qui non siamo affatto dalle parti di un Megan
is missing (2011) di un Michael Goi che
definire "poetico" è poca cosa rispetto al capolavoro
perturbante da lui confezionato, nel quale poi sa cogliere l'ambigua
freschezza dell'adolescenza, le sue sfumature cangianti, il suo porsi
come stato borderline per definizione. Il regista di Tiblisi, Russia, sembrerebbe non aver neppure dato un'occhiata al piccolo gioiello
cesellato dal collega Goi. Infatti suppone con coraggio improvvido
che le inquadrature fisse di sei adolescenti americani possano
rendere molto "realisticamente" lo stile tecnofilico dei
teenager di oggi. Sulla base di questa supposizione, Gabriadze
cerca di iniettare all'interno di questa cornice statica il tema
antico come il mondo della possessione dei ragazzi da parte
dell'animo vendicativo della defunta amica Laura Barns, suicida per
vergogna e senso di colpa intollerabili. Il regista sembra poi voler
trarre ispirazione da TBWP di
Sánchez e Myric, (1999), soprattutto nella parte finale del film,
quando cioè il gruppo si assottiglia per mano di una nuova,
iper-tecnologica- sembra voler dire G.- strega di Blair capace di
scrivere sulla tastiera di un Apple e di usare il mouse.
Trasporre
a freddo questi mitemi fondativi del mocku
nell'ambiente di Skype non è così easy
come il regista
potrebbe
immaginarsi. La sua diventa ben presto presunzione, forse anche
saccenza, nel momento in cui il nostro
vuole lavorare una materia così delicata. E soprattutto, non é con
il semplice realismo mockumentaristico che si fa salire il tasso di
inquietudine in chi guarda. E neppure con qualche spruzzatina di
frattaglia frullata è mostrata su Skype. Ero infatti indeciso se
recensire questo film, ma la mia fissazione per il mocku
ha avuto la meglio (forse voglio diventare il maggior esperto di
mocku perturbanti
d'Italia, come faccio a saperlo? In effetti sto invecchiando, e si sa
che la vecchiaia genera fisime e fisse di ogni tipo). Ma mi sembrava
anche un fatto di "etica del recensore", indicare ai propri
lettori ciò che è meglio evitare, oltre a ciò che é consigliabile
vedere. Ecco, il film di Gabriadze è
decisamente da evitare, questo ë la conclusione cui sono giunto al
termine della sua visione.
Si tratta di un film che vorrebbe innovare
il sottogenere delle origini semplicemente utilizzando il trend
tecnologico cui sono sempre più spesso coinvolti gli adolescenti di
oggi. Tutto qui? Sì, tutto qui, nel senso che non c'é altro e,
sopratutto, di Perturbante non c'è davvero niente di niente, a
parte-forse- la brevissima sequenza in cui la prima ragazza cade a
terra mentre gli altri vedono immagini incomprensibili sul loro
schermo. La ragazza morirà,
naturalmente, ma G. non ce ne mostra le modalità.
Tolta questa sequenza, il gruppetto di adolescenti annoiati che
vediamo in fila mentre fanno multitasking su Facebook è compagnia
bella, sono lontani anni luce da altri gruppi similari che abbiamo
visto in altri, ben più interessanti teen
slasher, in tutta la storia del cinema
horror. Sto
dicendo, se non fosse ancora chiaro, che questo film è proprio,
completamente, da buttare, in particolare per via della assenza di umiltà nel suo ostinato voler percorrere i sentieri del mocku
senza tuttavia aver sufficientemente
elaborato la cultura cinematografica precedente.
Questo tipo di
presunzione, travestita da coraggio nelle scelte tecniche di regia,
ritengo sia una grave colpa per un filmaker che vuole cimentarsi per
la prima volta con il difficile tema della fragilitá adolescenziale
odierna di fronte a quella fossa delle Marianne inconscia cui
internet spesso si trasforma durante quell'etá. Michael Goi ad esempio
lo fa con un tocco registico abissalmente superiore, con una finezza
che G. può solo sognarsi. "Unfriended" è dunque un film
che si fará ben presto dimenticare, e direi che secondo
me sarebbe opportuno dimenticare comunque,
per creare così nuovo
spazio mentale disponibile ad assimilare
stimoli cinematografici più corroboranti.
Regia: Levan Gabriadze Soggetto e Sceneggiatura: Nelson Greaves Cast: Shelley Hennig, Moses Storm, Renee Olstead, Will Peltz, Jacob Wysocki, Courtney Halverson, Heather Sossaman, Matthew Bohrer Nazione: USA, Russia, Polonia, Germania, Puerto Rico Produzione: Bazelevs Production, Blumhouse Productions Durata: 83 min.
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