Daniel, marito di Tricia, è scomparso da alcuni anni. La sorella minore di Tricia, Callie, si trasferisce a vivere da lei per aiutarla a superare il momento in cui il marito dovrà essere dichiarato "morto in absentia". Tricia nutre la speranza che Daniel torni, ma Callie desidera invece che Tricia si lasci il suo passato alle spalle. La scoperta, da parte delle due donne, di un tunnel nei pressi della casa in periferia dove entrambe risiedono, produrrà un cambiamento radicale alle loro esistenze. Il tunnel sembra collegato ad altre misteriose sparizioni. Forse il marito di Tricia non è morto, forse il suo destino è ben peggiore della morte...
Mike Flanagan, nato a Salem, Massachusets, nel 1978, scrive e dirige una pellicola a budget praticamente inesistente, che fino a un certo punto del minutaggio può risultare involuta e insipida, complici gli scarsi dollari a disposizione, nonché una deliberata volontà narrativa di conferire un certo spessore emotivo-psicologico all'interazione tra Tricia e Callie, le due sorelle protagoniste (molto diverse, fisicamente e psicologicamente tra loro, come avviene, ovviamente nella realtà di situazioni parentali simili). Tale insistenza sulla relazione e sul ritrovamento delle due, a seguito della scomparsa di Daniel, rallenta infatti il pathos perturbante e diluisce l'andamento drammaturgico, evidenziando crepe di sceneggiatura che a mio avviso potevano essere evitate o ridotte in fase di scrittura. Flanagan inoltre insiste moltissimo su primi piani e piani medi, quasi a voler sottolineare il dramma psicologico dei personaggi sulla scena, il che da una parte è un pregio del film, ma dall'altra lo fa sostare troppo in un'aura sospensiva e attendista che richiede allo spettatore una concentrazione forse eccessiva, rispetto a questo genere di film. In poche parole sto dicendo che occorre avere una certa pazienza per vedere sbocciare il fiore che Flanagan semina lungo gli 87 minuti di pellicola, fiore che comincia a mostrare i suoi colori caratteristici dopo circa 45 minuti di narrazione durante la quale si alternano in modo sinusoidale piccoli colpi di scena che avvitano la storia verso un finale iper-evocativo e aperto a mille polisemie. Ed è proprio l'"evocatività" il vero baricentro concettuale ed estetico del film, ciò che lo rende interessante e degno di nota, ma anche ciò in cui eccede, muovendo anche qualche perplessità nello spettatore. Non c'è dubbio che il giocare sull'evocazione, sull'ellissi, sul non detto (e soprattutto "non visto"), sia una strategia ansiogena tra le più utili nella costruzione di un "monstrum" perturbante, poiché lo si crea sulla base del fantasma inconscio di chi guarda, rendendolo per questo motivo più potente di qualsiasi epifania mostrata o gettata in faccia secondo modalità gore. Su questo non ci piove, e basta farsi tornare alla mente certe opere, quali ad esempio "The Mist" (2007) di Frank Darabont, per convincersi che la "nebbia" del non detto genera mostri molto inquietanti. Tuttavia quando uno stilema diventa iperbolico, come nel caso di questo "Absentia", che già nel titolo iperbolizza il tema che sviluppa nel corso di tutto il racconto, cioè appunto l'"assenza", allora bisogna fermarsi a riflettere se si tratta di uso o abuso. Il mio fermarmi a riflettere su questo tema, mi porta a dire che complessivamente il film è originale e interessante, ma che il suo dannato problema sono proprio i soldi, cioè il budget bassissimo: sono portato a pensare che se Flanagan avesse avuto più libertà di movimento sul piano economico, avrebbe potuto (non so se voluto, ma su questo non ci è ovviamente dato sapere) pigiare molto di più sull'acceleratore degli effetti speciali, riducendo le penombre evocative e regalandoci qualche salto sulla sedia più incisivo rispetto all'andamento di quest'ultima sua pellicola. Vero è che qui Flanagan ce la mette tutta a rendere ed evocare il mostro attraverso la rappresentazione di certi piccoli, microscopici movimenti dell'essere zampettante che si muove dietro le quinte delle sparizioni misteriose, tra le quali quella del marito di Tricia, Daniel. Ma questi sforzi non sono sufficienti a costruire un'architettura scenico-estetica che sappia integrare racconto ed effetto perturbante in un modo che sappia anche intrattenere adeguatamente lo spettatore. Infatti secondo me l'elemento "intrattenimento" all'interno di questo genere di film è un ingrediente che il cuoco-regista non può dimenticarsi nella credenza, pena navigare in acque basse, rischiando di incagliarsi nel corso della navigazione. Credo che Flanagan avrebbe potuto evitare tali rischi, mostrando più di quello che ha mostrato, nonchè depsicologicizzando (ho inventato un brutto neologismo? Forse) un tantino l'intera storia, glissando per esempio su certe interazioni: mi riferisco, ad esempio ai rapporti che costruisce tra Tricia, Callie e i poliziotti locali, piuttosto improbabili, un pò ripetitivi in alcune sequenze, e superflui rispetto ad altri baricentri della storia, decisamente più interessanti (come quello del tunnel, perbacco, che andava sviluppato con più coraggio, a mio avviso). Ma, ripeto, con un budget così ristretto, non possiamo imputare a Flanagan chissà quali colpe, anche perché le atmosfere che costruisce mediante movimenti di macchina molto ben condotti e realistici, risultano comunque molto inquietanti e dense di mistero. Un mistero che si liquefa però in corso d'opera, ma proprio per il il fatto che un "film dell'orrore" ha comunque bisogno anche di incarnarsi nel tessuto di un allestimento corposo, caldo e "sanguigno", che faccia cioè la sua giusta parte, oltre alle idee che hanno mosso lo script. "Evocare" va bene, ma non basta. "Absentia": da vedere, cum grano salis.
Suggerisco la lettura della recensione di Eddy, per allargare la prospettiva su altri punti di vista, qui: Recensione di "Direzione Errata"
Suggerisco la lettura della recensione di Eddy, per allargare la prospettiva su altri punti di vista, qui: Recensione di "Direzione Errata"
Regia: Mike Flanagan Soggetto e sceneggiatura: Mike Flanagan Fotografia: Rustin Cerveny Montaggio: Mike Flanagan Musiche: Ryan David Leak Cast: Katie Parker, Courtney Bell, David Levine, Morgan Brown, Justin Gordon, James Flanagan, Doug Jones Nazione: USA Produzione: FallBack Plan Productions, Blue Dot Productions Durata: 87 min.
Mi incuriosisce molto per quel suo non-detto orrorifico, tra le prossime visioni di questi giorni. :)
RispondiElimina@ Simone: Sì, è tutto un non-detto, appunto, detto in modo ben detto, ma qualcosa ogni tanto bisogna pur dire :)
RispondiEliminaA me questo "oscuro" mi ha inquietato parecchio e cmq nel finale si capisce l'intento di Flanagan. Hai ragione sui buchi e sul annaquamento della storia che ho sottolineato anche io di là. Però ad avercene film come questo con un budget di quel tipo. Ripensandoci manca un pò di mordente sul fronte strettamente horror, ma lo swing centrale è ben costruito. Che con quei mezzi non so come sia riuscito a costruirlo.
RispondiEliminaPoi, sai, a me è piaciuto un sacco anche Lovely Molly proprio perché cerca di costruire l'orrore a piccole dosi in maniera pressoché perfetta.
Se poi devo basare la visione sul puro terrore devo dire che VHS mi ha davvero spiazzato. Però mi ha deluso quel "americanismo da Jackass" che ho trovato... strano... ma lo devo digerire... ;)
@ Eddy: sì, è vero, l'intento di Flanagan si capisce nel finale, e forse anche un pò prima, ed è un'idea semplice e intensa (che a me ha ricordato anche le ultime pagine di "IT" di King, non chiedermi il perché), ma che andava condita in modo almeno un pò più saporito e visivo, secondo me. Concordo anche sul fatto che, da noi, avercene di film così!
RispondiElimina"Lovely Molly" è interessante, sì, e inqueitante.
"V/H/S" per me è stata una vera rivelazione, a cui posso anche perdonare le pecche yankee che certamente ha.
Alle prossime scritture :)
Ciao,
RispondiEliminama c'è in italiano?