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sabato 6 luglio 2013

Ancora viva, di Carlene Thompson (2013)


Anno: 2013  Editore: Marcos Y Marcos Traduzione: Silvia Viganò  Pagine: 444  ISBN: 9788871686233    Euro:14,50 

Dov'è sparita la giovane Zoey, in quella strana, lontana sera dell'appuntamento al lago con un misterioso innamorato? Cosa si nasconde dietro le altrettanto misteriose sparizioni di altre ragazze di Black Willow in circostanze mai chiarite? E come mai Chyna Greer, ora che è tornata al suo paese dopo la morte della madre, continua a sentire la voce di Zoey, sua amica del cuore, che le chiede di aiutarla?


Dopo una pausa di vacanza abbastanza rigenerante, diamo il via a una serie di recensioni librarie, come si conviene approssimandosi l'estate. Mi ero approcciato a questo libro di Carlene Thompson, acclamata come nuova "regina del brivido", anche perché il suo nuovo romanzo "Ancora viva" era segnalato da varie fonti come molto particolare nonchè venato da un filone sovrannaturale piuttosto perturbante. A fronte di tali aspettative, non posso che giungere al termine del romanzo afflitto da cocente delusione. Sebbene la storia parta bene, con certe intense descrizioni dell'autunno nella cittadina statunitense di Black Willow, luogo attraversato da mille, lontane, adolescenziali malinconie, il racconto procede lentissimo, drasticamente rovinato da un'insistenza sui dialoghi che risulta alla fine solo irritante. Siamo dalle parti di un minimalismo americano che tuttavia viene solo scimiottato e mai risolto in modo originale: la Thompson non è certo Susan Minot e neppure Franzen. La scrittrice si limita a diluire una storia che vuole avere la presunzione di essere quella dell'omicidio seriale, dentro un brodo dialogico insulso e da telenovela, nel quale tutti parlano con tutti anche di sciocchezze qualsiasi, pur di aggiungere pagine al libro. Si vede poi lontano un miglio che ogni personaggio è costruito in modo scolastico e a tavolino, si pensi alla figura di Scott, pilota in congedo per aver causato un tragico incidente aereo nel quale sono morte molte persone, oppure al fratello di Chyna, Ned, tipico e banalissimo rappresentante della classe media-alta americana, dedito a passare le sue serate in famiglia a guardare le partite di baseball in tv. Ma sono in particolare le interazioni tra i personaggi sulla scena a non convincere nemmeno per un secondo, se si eccettuano le prime diciamo 50 pagine nelle quali la Thompson ci fa annusare la torta senza però poi mai sfornarla e lasciandoci così miserevolmente a bocca asciutta. L'esempio che segue può forse dare l'idea della inanità vanesia dei dialoghi. Si tratta di un incontro tra Rex, vecchio amico di famiglia e Chyna: 

"Credo sia stato il miglior barbecue del 4 luglio che abbiamo mai fatto qui. Tuo padre era tutto agitato per quell'ubriacone che palpeggiava le donne...". 
"Ron Larson". 
"Non ricordo il suo nome - solo che faceva il buffone . Sarei venuto alle mani con lui se tuo padre non si fosse intromesso e mi avesse fermato".
"Papà è sempre stato bravo a distendere le brutte situazioni".
Rex guardò di nuovo la foto. "Tu e la cara piccola Zoey. Dio, com'eri giovane. Non voglio dire che stai invecchiando in fretta - non ti darei mai ventott'anni - ma allora avevi ancora quello sguardo innocente".

Il libro è tutto così, mielosamente spalmato di belle parole quotidiane che esaltano la bellezza di Chyna, la sua bravura a scuola, l'affetto verso le sue amiche adolescenti, l'amore del suo cane Michelle verso di lei. Una melassa mortalmente indigesta, soprattutto per chi si attenderebbe, dietro l'angolo di ogni pagina, un qualche improvviso colpo di scena. I "colpi di scena" sono invece semplicemente dei brevissimi episodi in cui Chyna ha delle visioni o sarebbe meglio dire delle allucinazioni sensoriali: sente il freddo del cemento su cui è distesa una delle ultime vittime del rapitore-assassino; sente la voce in lontananza di una bambina che canta 'stella stellina, la notte si avvicina...', e così via. Non siamo attratti nè colpiti da alcuna situazione narrativa davvero perturbante, al contrario ci sembra di assistere ad un qualsiasi telefilm americano o meglio ad una situation comedy qualsiasi perché sciaguratamente abbiamo sbagliato canale mentre facevamo zapping. Già verso la metà del libro ti coglie una noia atroce e ti verrebbe volentieri voglia di buttar via il libro, ma la Thompson è subdola, e ti inietta piccole dosi di curiosità irrisolta, poiché vuoi pur sapere in fondo chi è l'assassino. Il problema anche qui è però che la rosa dei sospetti è assai ridotta: si tratta di tre uomini in tutto che possono essere papabili in questo senso. Il colpo di scena finale con la scoperta dell'identità dell'assassino, è costruito in modo semplicemente ridicolo ed è assolutamente inverosimile da qualsiasi punto di vista. Se un qualsiasi regista decidesse malauguratamente di usare questo libro come base di sceneggiatura per una sua trasposizione cinematografica, si condannerebbe di sicuro al disastro.  Insomma il mio consiglio è quello di non buttar via tempo e denaro con questo finto giallo estivo, ma piuttosto di utilizzare entrambe le risorse per dedicarsi a qualcosa di più impegnativo, per esempio l'ultimo libro di Cacciari, "Il potere che frena", Adelphi: e meno male che ci salva la filosofia.

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