Siamo
monumenti di memorie sedimentate che ci muovono dall'interno,
crittografie di linee e ponti e collegamenti con ciò che anticamente
ci ha dato origine. Origine che permane nel suo dileguarsi
paleontologico, nella sua deriva di tempo che pure mantiene sottili
fili di sonda, echi di sonar, palombarità dissimulate in movimenti
in superficie. Siamo sedimenti che oscillano come quadri di
Arcimboldo, un pò disegnati da noi stessi, ma in gran parte da un
lontano ecosistema che ci attraversa, ecosistema tutto intrecciato di
leggere ombre e suoni e sbuffi e ooooh, e aaaah, e ghirighirighiri,
guarda l'orsetto! dormi dormi bel bambino, un frullio di tende di
trine che lo sguardo rincorre insieme allo zigzagare delle forme
della carta da parati sbiadita color albicocca e mio padre che
ascolta la domenica mattina il Trovatore mette sul giradischi dischi
di vinile e partono i suoni del coro o l'ouverture. Siamo profonde
lunghe disseminate stratificazioni di oggetti, ammoniti, trilobiti
dell'anima sulle nostre Dolomiti quotidiane, cercando il dolo più
mite, non come quando, allora, le faglie stridevano l'una contro
l'altra e il lupo nero era un vero lupo, e il ragno appeso nel
corridoio buio era un mostro avido, e la straga di Hansel e Gratel
mangiava i bambini sul serio e Frankenstein faceva capolino nella sua
maschera grottesca sulla soglia della camera dove i nostri letti a
castello di metallo arancione luccicavano sotto le luce della tua
scrivania sulla quale tenevi gelosamente le cassette dei Deep Purple,
dei Santana, dei Queen. Ogni tanto, nel silenzio di queste stanze
attraversate dal vento ancora caldo dell'estate, ritrovo qualche
fossile, la foto in bianco e nero, la vecchia pipa di mio nonno, il
barattolo di alluminio leggerissimo dove mia madre metteva lo
zucchero, il tavolo del tinello con su il vetro verdino, e sotto
il vetro intravedevi, come in un acquario attraversato dalla luce primaverile, le figurine
romantiche della caccia alla volpe, dei cani, dei corni e dei
cavalli, aggrovigliati tutti insieme in un evanescente
aurorale sottobosco inglese dello spirito, che si muove nel suo tempo transeunte.
Di certo, Sei.
RispondiEliminaHo saltato a piè pari l' intero post, soffermandomi per intuito su quelle due o tre parole, calamitato.
Sento il bambino che gioca e di certo, Sei.
L' estratto. E nient' altro.
Ciao, Angelo.
Cristian
@ Cristian: grazie: i tuoi commenti sono haiku giapponesi. Complimenti :)
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