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lunedì 29 dicembre 2014

Gone Girl, di David Fincher (2014)


Tratto dal bestseller di Gillian Flynn, il thriller vede protagonista Nick Dunne (Ben Affleck) un uomo che decide di tornare nella sua città natale, in Missouri, per aprire un bar. Poco dopo, nel giorno del quinto anniversario del loro matrimonio, sua moglie Amy scompare misteriosamente e Nick diventa il sospettato numero uno della sua sparizione

Di solito quando scrivo recensioni dopo aver visto un film, mi si organizzano spontaneamente delle idee dapprima galleggianti nella mente, poi sempre più aggregate tra loro a formare la struttura dello scritto, che butto giù direttamente sul template. Quasi mai prendo appunti durante la visione per non disturbare l'esperienza che vado facendo, e mai scrivo schemi preparatori alla recensione. 

La visione di "Gone girl" di David Fincher questa volta mi ha spinto inspiegabilmente a scrivere una sorta di sinossi, come quando si scrive un libro (un libro l'ho davvero scritto e un'altro è in uscita l'anno prossimo, scritto con alcuni colleghi, questo per dire che sto imparando a capire cos'è una "sinossi"). Credo che tale fenomeno mai occorsomi derivi dal fatto che Fincher dispiega una tale quantitá di materiale da "processare", da obbligare a fermarsi un attimo per raccogliere bene le idee nero su bianco in modo sufficientemente strutturato da poter essere espresso con dovuta proprietá

Ecco la sinossi, una specie di indice cioè, di quello che dirò sul film: 

1) L'orologiaio di Denver: note tecniche generali sul film.
2) Sceneggiatura. Specularitá e asimmetrie: la matrice di "Seven". 
3) Declinazioni della folie a deux.
4) Per una rappresentazione plastica del transfert negativo: qualche notazione di ordine psicoanalitico.
5) Gli "Oggetti alienanti" come motore centrale del film.
6) Matrimonio-famiglia: un incontro impossibile?
7) "Gone girl": ovvero sulla morte della curiositá in amore.


* * *

1) L'orologiaio di Denver
Fincher è come un orologiaio svizzero d'altri tempi, con l'unica differenza che è nato a Denver, Colorado. "Gone girl" è un meccanismo visivo-narrativo senza l'ombra di una sbavatura. Ogni inquadratura, a partire da quelle dei titoli di testa è pensata, studiata, trasuda poesia ma sempre misurata, una poesia zen, un haiku giapponese, per intenderci. Chi sarebbe capace di rendere poetico un cavalletto segnaletico stradale semplicemente cogliendolo nella parte di destra dell'inquadratura di un ambiente suburbano statunitense? E per un tempo giusto, spaccato al millimetro, non un secondo di più, non un secondo di meno? Lui ci riesce, con la complice fotografia del fido Jeff Cronenweth

La fotografia, appunto. Fincher vuole alitarci addosso l'atmosfera soffocante di una relazione matrimoniale autodistruttiva e quindi, da orologiaio maniacale fino al manierismo quale è, presta un'attenzione altrettanto maniacale alle oscillazioni continue tra luci, ombre e penombre, illuminando il tutto di una luce leggermente sgranata, concava, avvolgente ma non per alleggerire e/o confortare la vista, al contrario per far entrare il più rapidamente possibile del puro vetriolo emotivo nei nostri coni e bastoncelli. I legni della casa di Nick e Amy sono scuri, ne sentiamo la pesantezza, che è metafora di una relazione avvitata su se stessa, ormai come un nodo scorsoio, tanto per fare un esempio di come la fotografia parli qui di molte più cose di quante ne illumina.

Il film funziona come un orologio perfettamente oliato ovviamente anche a causa di un montaggio (di un Kirk Baxter da Oscar) che scandisce gli avvenimenti successivi alla misteriosa scomparsa di Amy in modo fluido e insieme incalzante, giustapponendo un colpo di scena dopo l'altro, sempre calato sulla nuca dell'ignaro spettatore con la precisione di un karateka. Il sottoscritto è rimasto ad esempio letteralmente basito dalla tempistica narrativa dell'improvvisa apparizione di Andie, personaggio centrale della storia (di cui non dirò oltre per non svelare nulla dell'intreccio), proprio in quel punto preciso del plot, proprio in quel momento. Un orologio perfettamente sincronizzato, anche con le musiche, infiltrative, metalliche, estenuanti, in sintonia karmika con l'orologiaio di Denver, e messe a punto da Trent Reznor.

.2) Sceneggiatura. Specularità e asimmetrie:la matrice di "Seven"
Ulteriore associazione generata in me dal film è la sua perfetta specularitá con "Seven". Senza rivelare angoli segreti della storia tratta dal romanzo di Gillian Flynn, possiamo infatti dire che anche nel film del 1995 abbiamo un matrimonio, quello tra il detective Mills e sua moglie, e anche lì la coppia è attraversata (a partire dall'esterno verso il suo intimo interno) da emozioni selvagge e devastanti che la distruggono. In "Gone girl" abbiamo lo stesso attraversamento di emozioni potenti e distruttive, ma il movimento è uguale e contrario, cioè procede dall'intimo interno di una coppia e si sposta verso l'esterno, coinvolgendo poi anche la realtá amplificata dei mass media, oltre che le famiglie dei due sposi. 

È possibile che Fincher sia stato colpito da questa caratteristica morfologica del romanzo della Flynn e vi abbia ritrovato un rispecchiamento, cioè un Doppio narcisistico, un "sosia" da studiare con cura? Può essere e può anche non essere, ma rimane a mio avviso il fatto che la matrice (narcisistico-strutturale) di "Gone Girl" sembra essere proprio "Seven": stesso andamento indiziario, stesso avvitamento convergente verso il tragico finale, stesso sviluppo dialogico con coinvolgimento di detective, declinati questa volta però al femminile (altro aspetto speculare non secondario). Anche in "Fight Club", certo, risuona il tema del Doppio dissociato e proiettato, ma lo sviluppo è più lento, discorsivo, mentre in "Gone Girl", tanto quanto in Seven, l'andamento è rapido, sussultorio e ingravescente, fino al finale ad incastro perfetto, annodato da mani più che esperte e per di più inestricabilmente irrisolvibile.

3) Declinazioni della folie a deux
Flynn e Fincher raccontano una storia che potrebbe essere definita come la rappresentazione di una possibile declinazione di folie a deux inconscia, generata cioè da inconsapevolezze reciproche da parte di entrambi i membri della coppia. Nick è un ragazzone provincialotto, proveniente dal Missouri, facilmente seducibile da parte di una bella, ricca intellettuale newyorkese, molto disinvolta, disinibita, iper-postmoderna, post-emancipata, che parla senza problemi della propria vagina al tavolo con amici durante la festa in onore della mamma scrittrice. 

Sì, perché Amy Abbott ha ispirato le gesta di molti libri per bambini, scritti dai suoi due genitori, la famosa saga di "Amazing Amy". D'altr'onde Amy é figlia unica, con una madre che tuttavia sembra aver amato di più il suo alterego cartaceo che non sua figlia. La madre di Amy é a sua volta un'intellettuale newyorkese, che non può permettersi a nessun costo di fare "semplicemente" la madre. Amy entra dunque, piano piano, nel personaggio di "Amazing Amy", ritagliato dai genitori per costruire la bambina dei loro libri molto venduti. Amy deve indossare quel vestito, pena la perdita dell'amore della mamma e del papá, cioè la deprivazione affettiva assoluta, che per un bambino equivale alla morte. 

Amy e Nick si incontrano, si amano, poi perdono il lavoro -la recessione economica li incalza- sono costretti a trasferirsi in Missouri, nella casa della defunta madre di Nick. Qui Amy subisce una prima ferita narcisistica non da poco: deve abbandonare il suo status intellettuale, traslocando le difficili, tormentate identificazioni con i genitori, in questo ragazzotto di campagna, così prevedibile, così american middle class. Nick non é ovviamente in grado di contenere tali difficilissime identificazioni, tutto quel dolore inespresso, tutto quel non essere mai stata amata come figlia in quanto tale ma come sosia di un personaggio di libri per l'infanzia. Nick non è consapevole, non si "rende conto" di tutto questo. Ma anche Amy non "si rende conto" che non ha sposato un deserto, ma un uomo con una sua storia "semplice", e soprattutto diversa dalla sua. Intanto non é un figlio unico, ma ha una sorella gemella: ti par poco, Amy? 

Niente da fare: l'inconscio dilaga, prende via via il sopravvento, e nessuno dei due ha consapevolezza della rete di frustrazioni traumatizzanti e di coazioni deprivanti che l'inconscio sta tessendo a loro insaputa. La comparsa di Andie trasforma la ferita narcisistica in squarcio insanabile, in delirio puro, in folie a deux che implacabilmente segue le sue strade dereistiche. La strada principale è segnata dal masochismo vendicativo, che infiltra entrambi, allo stesso modo, sebbene in quantitá davvero differenti. Non si tratta di folie a deux in senso stretto, naturalmente, ma di una sua variante sado-masochistica. Non c'è infatti reale uccisione dell'oggetto (o del soggetto=suicidio), ma intrappolamento psicotico senza via di uscita, quasi una realizzazione assoluta del famoso aforisma di Sartre ,"l'enfer sont les autres". Il tutto è amplificato dalla reazione parassitaria dei mass media nazionali, che si buttano sulla vicenda come delle pulci su un cane.  

4) Per una rappresentazione plastica del transfert negativo: alcune notazioni di ordine psicoanalitico.
La storia di Amy e Nick appare così, se la vediamo da un vertice di osservazione psicoanalitico, come una rappresentazione plastica, virata su un piano psicotico, di un transfert negativo. Si tratta di situazioni in cui l'inconscio della coppia (anche analitica) lavora con finezza distruttiva alla distruzione del legame stesso, pur mantenendolo in vita. In alcuni casi tale situazione si trasforma in folie a deux, finché, sperabilmente non accade qualcosa che genera un seme di trasformazione possibile. Nick e Amy sono in questa situazione. Una situazione di vero e proprio ingranamento psicotico, di indifferenziazione narcistica: non si capisce mai, nel film, dove, come e quando tutto ciò che accade davanti ai nostri occhi sia cominciato. Però è cominciato, e soprattutto prosegue avvolgendo la coppia e noi che la osserviamo in un'ammorbante sauna emotiva dal sapore acido e sulfureo. Proprio quello che accade in un "transfert negativo". Perchè Amy si è trasferita nel Missouri? Perchè Nick non ha capito che tipo di donna avesse sposato? Perché Nick ha deciso di dipendere economicamente da Amy? Tutte domande inutili: la trappola inconscia del legame ha già posizionato le sue bombe ad orologeria. L'orologiaio di Denver non può fare altro che mostrarcene il diabolico funzionamento nonchè l'effetto psicologicamente devastante.

    5) Gli "Oggetti alienanti" come motore centrale del film.
    Come ci ricorda Lenny Nero nella sua come al solito stimolante recensione, il film di Fincher è stato curiosamente tacciato di misoginia. Concordo perfettamente con lui sul fatto che non sia per nulla questo il motore centrale del film. Ben altri sono i piani di lettura. Ben altre le origini dell'ispirazione di Fincher. Almeno secondo il mio modesto parere. Una di queste origini (probabilmente non tanto consapevole in Fincher, ma chi può dirlo?), credo coincida con il concetto di "identificazione alienante", concetto psicoanalitico che deriva da Ferenczi, per poi essere lavorato finemente in epoca contemporanea da Bollas (1987), Käes (2009), Kanciper (2002), e in Italia da Borgogno (1999), Molinari (2007) e altri. Si tratta dell'idea secondo cui esistono individui in cui gli oggetti d'amore primari, invece di costituirsi come modelli positivi di identificazione, diventano parassiti interni che fin dalla primissima infanzia si installano nella mente del bambino invadendola di richieste e pretese di adesione ai propri ideali narcisistici, generando un processo di alienazione da se stessi, che successivamente si cronicizza in una personalitá che si perde nella dipendenza dall'altro per non sentire il vuoto della mancanza d'amore originaria. Fincher a mio avviso vuole sottolineare proprio questo: l'impossibilitá da parte di Amy di accettare anche solo un'ipotesi di separazione da Nick, perché letteralmente invasa e colonizzata dagli oggetti alienanti costituiti dai suoi genitori e dal personaggio-feticcio di "Amazing Amy". È da quel punto che origina tutto il film: da quel maledetto libro scritto dai genitori di Amy sulla sua pelle, da bambina. Ecco il vero motore del film.
     
    6) Matrimonio-famiglia: un incontro impossibile? La riflessione di Fincher (e della Flynn) si rivolge, al fondo dell'ispirazione artistica che la muove, alle modalitá, spesso, spessissimo venate di patologia alienante allo stato puro, della trasmissione generazionale dei valori familiari, valori che possono invadere l'intimità dell'amore di coppia, trasformandolo in una Reazione Terapeutica Negativa, in un transfert maligno, imponendo cioè il dominio di un inconscio trans generazionale sullo scorrere vitale e trasformativo del tempo.
    È possibile cioè un incontro felice tra matrimonio e famiglia, in senso lato? sembra domandarsi Fincher. E' possibile, cioè amare senza perdersi nella relazione con l'altro?

    7) "Gone girl": ovvero sulla morte della curiositá in amore.
    Alcune considerazioni finali su questo film che, credo, in sintesi vuole descrivere cosa succede quando istanze mortifere provenienti dalla storia di entrambi i membri di una coppia, tendono verso l'obiettivo di uccidere per soffocamento uno degli aspetti vitali fondamentali del legame di coppia, e cioè la CURIOSITA' CREATIVA RECIPROCA. Tale curiosità è infatti uno dei pochi ed efficaci antidoti all'insediarsi di stereotipi coattivi che si sedimentano nelle pieghe del tempo a formare sacche mute di rancore in azione.  

    Potrei proseguire per molte cartelle parlando di cast, interpretazione, caratterizzazione dei personaggi. Molto altro ancora ci sarebbe da scrivere, ma mi fermo qui, molto contento di giungere proprio sulla soglia del 2015, anno che si apre con questa sana, profonda boccata d'ossigeno rinvigorente le speranze circa la salute e la fecondità del Cinema contemporaneo. 
Regia:David Fincher    Soggetto e Sceneggiatura: Gillian Flynn  Fotografia: Jeff
Cronenweth    Montaggio: Kirk Baxter     Musiche: Trent Reznor    Cast: Ben Affleck, Rosamund,  Pike, Neil Patrick Harris, Tyler Perry, Carrie Coon, Kim Dickens, Patrick Fugit, David Clennon, Lisa Banes, Missi Pyle, Emily Ratajkowski  Nazione: USA  Produzione:  Twentieth Century Fox, Recency Enterprises, TSG Entertainment  Durata:  149 min. 

 


10 commenti:

  1. ammazza un post fiume quasi quanto i miei dedicati alle classifiche di fine anno!
    solo che tu scrivi cose decisamente più intelligenti e profonde di me ;)

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  2. Bella analisi fatta con strumenti tecnici...rende meno banale la trama del film e più banali le nostre recensioni :P

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  3. Articolone monumentale su quello che è il film dell'anno.

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  4. @ Marco Goi: non sono d'accordo. Ti leggo spesso e ti trovo molto intelligente, nonchè molto informato su quasi tutto ciò che fa "spettacolo" :)

    @ Nico: nessuna recensione è banale. E' un parere, un'opinione soggettiva. Io ho il pallino della scrittura un pò ossessiva.

    @Lucia: concordo: è il film dell'anno.

    @Tutti: ma l'avete visto? Cosa ne pensate?

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    1. Visto e letto anche il romanzo, anche per me il thriller dell'anno. Purtroppo i colpi di scena me li son giocati ma ho apprezzato ugualmente il lavoro di Fincher...

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  5. L'aspettavo. Avevo bisogno di una cornice semantica/scientifica corretta alla descrizione di dinamiche così complesse eppure così comuni. Ora mi raccomando leggi anche il libro: dovrebbe piacerti molto.

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    1. Sì, sono dinamiche molto complesse, e sottili direi. La mia è una delle possibili interpretazioni, naturalmente. Concordo poi pienamente sul fatto che queste dinamiche di coppia-famiglia sono molto più comuni di quanto si creda. Basta leggere le cronache sui giornali di tutti i giorni (proprio stamattina leggevo della ragazza 23enne di Milano che ha sfregiato con l'acido l'ex-fidanzato coetaneo: davvero inquietante. Il libro l'ho cominciato, ma prima devo terminare "Paziente 64" di Jussi Adler-Olsen. Sono agli ultimi giorni di vacanza, poi ricomincio il lavoro e il tempo per letture e visioni ginematografiche sciaguratamente si ridurrà. Sono alle ultime pagine di Adler-Olsen (merita anch'esso, sebbene sia tutta un'altra cosa). Buon Anno :)

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  6. Passavo per porti gli auguri, e guarda un po'...Inusuale, splendida, recensione.

    Per se in se no(nse) lato hai robba e pappa per me.

    Esistono senso unico e senso unico. La strofa è chiara, non ha fughe.

    Il bravissimo Fincher ha la passione per le cadute di coppia, lanciate mano nella mano verso una qualche ' Illuminazione ', come inconsapevoli Thelma&Louise.

    Buon anno, Angelo.

    Cristian






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  7. @ Cristian: bella l'associazione con Thelma&Louise (film di Ridley Scott, quello di Alien, pensa te!). Buon Anno anche a te e grazie del passagio da queste parti. A presto :)

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  8. Sì, la trovo invincibile per numero, ritorno alla morte, ( Quasi vita, FightClub, appunto Fincher), vuoto, illuminazione e ' Rinascita '. Penso a Neo che se figlio dell' Architetto prenderebbe le sembianze interiori del padre, bastonando Trinity che - Ovvio - Avrebbe un qualche tornaconto, bastonando altrettanto. Spada e scudo, insomma. Goniometrici. Al muoversi della spada, si leverebbe dell' altro lo scudo. Puro inconscio.

    Di nuovo. Cris.

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