Il dj radiofonico Wallace Bryton è in viaggio attraverso il Canada allo scopo di intervistare persone interessanti che possano raccontargli storie originali e avventurose: i suoi piani non vanno per niente bene a partire da quando Wallace incontra un uomo misterioso di nome Howard Howe, il quale ha in effetti molte storie marinare da raccontare al giovane dj. Wallace si sveglia il giorno dopo nella grande casa isolata di Howe, per scoprire che il suo ospite non è affatto la persona che pensava fosse: il vecchio Howe ha infatti in programma di trasformare Wallace in un tricheco...
Confesso di aver nutrito qualche aspettativa su questo film di Kevin Smith, se non altro per il mistero che lo ha circondato fino al suo release, e per i trailer, che facevano immaginare grandi cose. Aspettative deluse, invece, purtroppo, nonostante alcuni spunti indubitabilmente interessanti che tuttavia non sono in grado di imprimere struttura e coerenza alla pellicola: stiamo parlando della fotografia, di James R. Laxton, che fa risplendere i colori di un suopermercato canadese come forse nessun altro aveva mai fatto (e che dire poi dell'inquadratura a piano medio delle due stolide commesse adolescenti, con quella divisa rossa fiammante?).
Il secondo aspetto interessante del film è l'interpretazione di Michael Parks, il vecchio Howe, completamente pazzo, rintanato nel suo bunker-magione in mezzo ai boschi, tragicamente infantile, satanico ed inesorabile nel perseguire il suo progetto chirurgico-naturalistico. L'avevamo visto reggere parti non da poco in Kill Bill (I- 2003 e II-2004) (Djiago Unchained, 2012), e in molti altri film, quindi ci aspettavamo buone cose da lui. Parks non ci delude, in effetti. Tutta la lunga sequenza del tè davanti al camino acceso con un Wallace ignaro del suo futuro destino, è suggestivamente lenta, teatrale, dialogata con vellutata sapienza da parte di attore (Parks) e regista. Memorabile anche la sequenza della cena, con quell'incredibile, surreale schiaffo "paterno" che il vecchio Howe infligge al suo Frankenstein-Wallace.
A parte i due elementi di cui sopra, il film comincia a decomporre il suo senso e la sua estetica (ben costruite fino alla sequenza della cucitura chirurgica, nella quale Howe è ben disegnato come un Geppetto perverso davvero molto inquietante), a partire da circa metà del minutaggio, proprio quando cioè, del tutto improvvidamente Smith decide di farci vedere il monstrum. Più che di un'azione registica pensata, si tratta invece di un vero e proprio agito, un acting out masochistico sotto vari profili. Vediamo quali: 1) Sul piano della sceneggiatura Smith aveva costruito un plot fatto di flash back ben collocati che diluivano un climax che nel frattempo cresceva bene, alimentato dalla colonna sonora di Christopher Drake. Le musiche erano ben centrate a commentare il viso in lacrime di Ally, la fidanzata di Wallace. Questa costruzione viene di colpo smantellata dalla visione improvvisa di Wallace trasformato in tricheco. Quando dico "di colpo", voglio dire che non ci aspetteremmo di vederlo lì così presto, dopo tutto il climax precedente. Si tratta a mio avviso di un grave errore di costruzione narrativa, che rovina tutto, ma proprio tutto; 2) Il masochismo di Smith raggiunge apici da manuale nella scelta di un responsabile del make-up (Robert Kurtzman) che personalmente non sceglierei neppure per organizzare il travestimento per la festa di Halloween di mio figlio di 8 anni.
Decidere di aprire presto il sipario per farci vedere il monstrum implica essere sicurissimi di se stessi e del proprio lavoro. Implica pensare che tutto il resto del minutaggio si reggerà sulle spalle del mostro, e che tale entità trainerà tutto il film (pensiamo ad esempi ben più mirabili quali i mostri di "Cloverfield" (Matt Reeves, 2008), oppure lo stesso "The Human Centipede" (2009) Di Tom Six, bizzarro film ma pur costruito con dovuta proprietà di linguaggio perturbante-filmico. Oppure pensiamo a mostri più classici come l'anfibio di "The Host" di Joon-ho Bong (2006).
Kevin Smith, da questo punto di vista, è vittima della sua presunzione: ci presenta infatti un mostro ridicolo, che più che un Frankenstein o una Helena nel suo box (vedi le suggestioni sottilmente derivative, ma del tutto inutilizzate, di "Boxing Helena", di Jennifer Lynch, 1993), è una specie di Gabibbo sotto forma di tricheco che non irradia nessuna vibrazione animale e tanto meno nessuna sensazione perturbante. Il responsabile di un simile obbrobrio è il tremendo, tremendissimo Robert Kurtzman (si può usare un superlativo assoluto per l'aggettivo "tremendo"? Spero di sì perché sarebbe appunto il caso) , il quale delude sommamente, soprattutto perché non sono due giorni che fa il suo mestiere. Aveva lavorato addirittura a "Vampires" di John Carpenter già nel lontano 1998, e poi in "All Cheerleaders Die"(2003). Qui sembra aver preso del Valium in dosi massicce mentre costruiva il costume da carnevale che fa indossare al povero Justin Long.
Ma naturalmente, non è solo questa tragica performance di Krutzman a mandare in rovina l'idea così surrealmente originale che fonda lo script (l'ossessione di trasformare un uomo in tricheco) . E' ciò che avviene dopo la sequenza dell'apparizione del mostro. Lo script si accortoccia velocemente su se stesso, e tale accartocciamento è introdotto dal personaggio (improbabilissimo) del detective canadese (interpretato da un inutile, tedioso Johnny Depp), personaggio che è una sorta di deus ex-machina tirato giù dal cielo da un Kevin Smith probabilmente in preda alla disperazione per il fatto che la Produzione gli sta urlando nelle orecchie che deve affrettare i tempi.
Script mal costruito, sfilacciato, dalle tempistiche sgangherate e non pensate. Prefinale appiccicato come carta velina con lo scotch in un giorno di vento. Finale inutile, insensato come pochi altri ho visto così rimaneggiati. E non mi si venga a dire che si tratta di un plot che si fonda sull'autoironia o che ha l'intento di ironizzare volutamente sul genere "trasformazione" umano-animale nel cinema horror contemporaneo: non mi è sembrato questo il taglio del film. Proprio per niente. Il tutto con un'ottima interpretazione di Parks gettata letteralmente nella spazzatura. Ma perché tutto questo, caro Kevin Smith? Spiegacelo, per favore.
"Tusk": evitatelo, mi raccomando.
Segnalo qui recensione di Love Is The Devil al film, parere che condivido in toto.
Segnalo qui recensione di Love Is The Devil al film, parere che condivido in toto.
Regia: Kevin Smith Soggetto e Sceneggiatura: Kevin Smith Fotografia: James R. Laxton Montaggio: Kevin Smith Musiche:Christopher Drake Special make-up effects: Robert Kurtzman Cast: Michael Parks, Justin Long, Haley Joel Osment, Genesis Rodriguez, Johnny Depp Nazione: USA Produzione: Demarest Films, Phase 4 Films, SModcast Pictures Durata: 102 min.
L'hai proprio distrutto, anche perché, se c'era una cosa su cui avrei scommesso a occhi chiusi, era proprio la sceneggiatura, dato che sono ben altre le mancanze di Kevin Smith. Comunque lo guarderò lo stesso, la curiosità per questa idea stramba rimane lo stesso bella forte :)
RispondiEliminaNoto che hai avuto la pazienza di recensire film che a me l'hanno fatta perdere. E noto con altrettanto piacere che non sono il solo ad aver provato un disappunto di un certo livello (e mi contengo perché sono in casa altrui) per Tusk. Le imprecazioni che ho tirato contro lo schermo...
RispondiElimina@ Simone: lo script sarebbe ben congegnato, se a partire da metà pellicola, come scrive giustamente Lenny Nero nella sua recensione (più su segnalata), non si fosse fatto prendere da chissà quale horror vacui, facendo a pezzi da solo la sua creatura. Mi piacerebbe tu lo vedessi ed esprimessi un giudizio. A presto.:)
RispondiElimina@ Lenny Nero: si, lo so, sono spesso troppo buono, ma un film, prima di vederlo mi incuriosisce quasi sempre. Poi mi viene sempre da dirne qualcosa (nel bene e nel male). Recentemente in verità ho visto poca roba meritevole di attenzione. Non parliamo dei film italiani recenti (di cui non parlo praticamente e volutamente mai qui): sono stato recentemente nominato membro di una giuria per un premio cinematografico da conferire ad un film italiano. Ne ho visti almeno una decina, ma ti confesso, quasi nessuno mi ha davvero convinto...
Visto da pochissimo e subito inserito tra il peggio del 2014. Parks a parte, ero in serio imbarazzo e spesso ho pensato di interrompere la visione.
RispondiElimina@ Lucia: ettecredo che eri in serio imbarazzo. Film surreale nelle scelte estetico-perturbanti. Ridicolous :=/
RispondiElimina