Una giovane coppia (Bea e Paul) fresca di matrimonio, decide di passare la propria luna di miele presso un cottage isolato nei boschi, e situato accanto ad un romantico lago. Una notte Paul si sveglia improvvisamente e trova Bea che vaga nel bosco senza motivo: sarà solo l'inizio di una serie di misteriosi e drammatici eventi...
Ho seguito il consiglio di Lucia (leggete qui la sua recensione al film) e di Simone Corà (qui invece la sua), e, come prevedevo, non sono rimasto deluso. "Honeymoon" è un piccolo gioiello che rimane bene impresso nella mente soprattutto per il suo finale che non lascia speranza. Ma non solo per questo, naturalmente.
La storia è semplice, quasi ridotta a un osso di seppia arrivato sulla spiaggia di un mare in inverno. Lui e lei sono giovani, si sposano, decidono di vivere una luna di miele alternativa presso il cottage canadese della famiglia di lei. Il luogo è suggestivo: la casa nel bosco, che aggetta su un bel lago pescoso è tutta in stile anni '80. Campeggia la pelle di un grande orso catturato dal padre di Bea nel salotto di casa. Paul è un giovane marito innamorato che non vede l'ora di essere da solo in un sito sperduto qualsiasi per fare sesso con la moglie, donna che desidera e che ama davvero tanto.
La regista Leigh Janiak, pure lei giovanissima e bravissima oltre ogni più rosea aspettativa (guardatela in questa foto: non sembra possibile che una "ragazza" così giovane sia riuscita a dirigere un film così interessante, invece è proprio così, alla faccia di chi pensa che la saggezza stia nella "vecchiaia")
sceglie due attori dai volti che più "normali" e realistici non si poteva, e già questa scelta di casting appare geniale, anche perché in questo film si tratta nientemeno che di far ruotare tutta la storia, in modo quasi "teatrale", intorno alle trasformazioni relazionali (e fisiche, ma questo secondo aspetto è del tutto relativo) di due normalissimi personaggi presi da una storia quotidiana qualsiasi.
sceglie due attori dai volti che più "normali" e realistici non si poteva, e già questa scelta di casting appare geniale, anche perché in questo film si tratta nientemeno che di far ruotare tutta la storia, in modo quasi "teatrale", intorno alle trasformazioni relazionali (e fisiche, ma questo secondo aspetto è del tutto relativo) di due normalissimi personaggi presi da una storia quotidiana qualsiasi.
Credo infatti che qualsiasi giovane coppia tra i 25 e i 30 anni possa tranquillamente identificarsi in Bea e Paul: quella freschezza e quella immediatezza dell'interazione; la curiosità nuova ed epifanica di una storia d'amore nei suoi primi anni di vita; quella circolazione libera, giusta e liberatoria di ormoni onnipresenti e onnipervasivi; quel desiderio di sperimentazione creativa su qualsiasi piano e livello. La Janiak sa rendere questa miscellanea di caratteristiche di coppia amorosa in modo sublime e originalissimo, aldilà di una storia in sé banalissima, ridotta all'osso, lo ripeto.
Il punto è che, nonostante la stringatezza intrinseca della morfologia narrativa (coppia-casa nel bosco-invasione), nonostante i personaggi principali rimangano solo due per ben 86 minuti di pellicola (a parte due brevi passaggi di altri due personaggi che fanno da spalla), e nonostante l'ispirazione del film peschi a piene mani in un immaginario perturbante tutto, assolutamente, strettamente yankee, la Janiak riesce ad incollarci davanti allo schermo dall'inizio alla fine, prendendoci per la giacca e portandoci nel bosco insieme a Bea, l"ape da miele", come la chiama il suo Paul.
Secondo me "Honeymoon" è pure capace di ispirare riflessioni sull'incommensurabilità dei generi sessuali ("Incommensurabili" come lo sono il lato di un quadrato e la sua diagonale). Non so se si tratti di un intento consapevole, da parte della regista, tuttavia a me sono venute in mente molte suggestioni circa il famoso concetto psicoanalitico di "teoria sessuale infantile", momento importante e che ritorna nella vita di ognuno di noi molte più volte di quanto pensiamo, anche dopo l'infanzia propriamente detta, durante il quale ci domandiamo "perché" il maschile è diverso dal femminile. Oppure quando ci domandiamo in cosa consista la "diversità" dei generi sessuali. O cosa ci sia di maschile nel femminile e viceversa. O cosa sia la bisessualità. Non è poca cosa che un "filmetto" scritto e diretto da una sconosciuta giovane regista americana alla sua opera prima generi così tante e diversificate domande circa questi temi, almeno in uno spettatore quale il sottoscritto. Dico la verità: non mi era capitato molto spesso.
La sceneggiatura (di Janiak e Graziadei), è un altro cospicuo pregio di questo piccolo grande film. E' scritta con molta cura, con passione, con l'ispirazione di una scrittura filmica pensata, attenta, soppesata nei dettagli. In scena stanno solo 4 personaggi, nonché alcune quasi invisibili "dark figures" fantasmatiche che tuttavia hanno un loro peso protagonistico non da poco nel generare inquietudine. Questi 4 sono diretti con mano ferma e composta e danno davvero il meglio di se stessi, soprattutto i due innamorati, Bea e Paul. Bea è una "bruttina stagionata", viso perfetto per la parte di una ragazza qualsiasi di provincia, probabilmente del North Carolina, dagli ideali molto semplici (matrimonio, figli). Paul è il "bravo ragazzo" perfetto, che ci immaginiamo da adolescente un pò brufoloso, innamorato segretamente della più bella del liceo che ovviamente non lo degna di uno sguardo.
Il background psicofisico dei due protagonisti sembra fatto apposta per accentuare lo sviluppo perturbante della trama, l'ingresso sulla scena di una natura circostante che diventa sempre più foriera di angoscia. L'angoscia prende infatti piano piano la forma del lago, degli alberi, degli insetti, dei vermi usati come esche da pesca da Bea, durante le amene gite in barca dei novelli sposi. Quella natura che, da cornice esterna, diventerà poi sempre più un invasore interno.
La fotografia di Kyle Klutz, insieme al montaggio di Christopher S. Capp, creano un amalgama che, a partire dalle prime sequenze tratte dai filmati amatoriali del matrimonio dei due, fino ad arrivare al finale drammaticamente enigmatico, contribuiscono egregiamente, splendidamente, ad esprimere in modo plumbeo ed insieme avvolgente la destrutturazione inesorabile cui va incontro il sogno d'amore di Paul e Bea.
Leigh Janiak è una giovane regista che sono lieto di aver incontrato sul mio cammino cinefilo, e le rivolgo qui tutta la mia stima per un film cosiddetto indie, che è tutto lì a dimostrare quanto certo cinema indie americano meriti tutta la nostra attenzione. Cara Janek, molti complimenti: ti seguiremo anche in futuro con grande cura.
"Honeymoon": da non mancare.
La sceneggiatura (di Janiak e Graziadei), è un altro cospicuo pregio di questo piccolo grande film. E' scritta con molta cura, con passione, con l'ispirazione di una scrittura filmica pensata, attenta, soppesata nei dettagli. In scena stanno solo 4 personaggi, nonché alcune quasi invisibili "dark figures" fantasmatiche che tuttavia hanno un loro peso protagonistico non da poco nel generare inquietudine. Questi 4 sono diretti con mano ferma e composta e danno davvero il meglio di se stessi, soprattutto i due innamorati, Bea e Paul. Bea è una "bruttina stagionata", viso perfetto per la parte di una ragazza qualsiasi di provincia, probabilmente del North Carolina, dagli ideali molto semplici (matrimonio, figli). Paul è il "bravo ragazzo" perfetto, che ci immaginiamo da adolescente un pò brufoloso, innamorato segretamente della più bella del liceo che ovviamente non lo degna di uno sguardo.
Il background psicofisico dei due protagonisti sembra fatto apposta per accentuare lo sviluppo perturbante della trama, l'ingresso sulla scena di una natura circostante che diventa sempre più foriera di angoscia. L'angoscia prende infatti piano piano la forma del lago, degli alberi, degli insetti, dei vermi usati come esche da pesca da Bea, durante le amene gite in barca dei novelli sposi. Quella natura che, da cornice esterna, diventerà poi sempre più un invasore interno.
La fotografia di Kyle Klutz, insieme al montaggio di Christopher S. Capp, creano un amalgama che, a partire dalle prime sequenze tratte dai filmati amatoriali del matrimonio dei due, fino ad arrivare al finale drammaticamente enigmatico, contribuiscono egregiamente, splendidamente, ad esprimere in modo plumbeo ed insieme avvolgente la destrutturazione inesorabile cui va incontro il sogno d'amore di Paul e Bea.
Leigh Janiak è una giovane regista che sono lieto di aver incontrato sul mio cammino cinefilo, e le rivolgo qui tutta la mia stima per un film cosiddetto indie, che è tutto lì a dimostrare quanto certo cinema indie americano meriti tutta la nostra attenzione. Cara Janek, molti complimenti: ti seguiremo anche in futuro con grande cura.
"Honeymoon": da non mancare.
Regia: Leigh Janiak Soggetto e Sceneggiatura: Leigh Janiak, Phil Grazidei Fotografia: Kyle Klutz Montaggio: Christopher S. Capp Musiche: Heather McIntosh Cast: Rose Leslie, Harry TreadawayBen Huber, Hanna Brown Nazione: USA Produzione: Fewlas Entertainment Durata: 87 min.
Ho letto tante belle recensioni, eppure ad un primo sguardo mi era sembrato abbastanza soporifero. Proverò a recuperarlo!
RispondiEliminadevo ancora vederlo.
RispondiEliminala versione che circola in rete ha dei sottotitoli osceni fatti da google translator o qualcosa del genere... *___*
attendo che qualcuno si impegni a tradurlo un po' meglio...
@ Michele: da vedere, da vedere, aldilà delle recensioni più o meno entusiasmanti. :)
RispondiElimina@ Marco: E' bello anche in originale. Come sempre, soprattutto in originale :)
Che dire, film colossale, bello e profondo come pochi :)
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