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domenica 17 novembre 2013

Come cerchi nell'acqua, di William McIlvanney (2013)


Anno: 2013     Editore: Feltrinelli  Traduzione: Alfredo Colitto    Pagine: 266     ISBN: 978-88-07-02012-4     Euro: 12,00. 

Jack Laidlaw, ispettore della polizia di Glasgow, si trova ad indagare sulla morte di una ragazza adolescente, stuprata, uccisa, e abbandonata dietro una siepe in un parco cittadino. Laidlaw conosce molto bene la città e soprattutto i suoi bassifondi, abitati da gangster locali violenti e senza scrupoli, e si muove tra squallide periferie e locali equivoci alla ricerca della verità. 

Quella di McIlvanney è una prosa poetica, altamente metaforica, quasi eccessivamente metaforica potremmo dire, al punto che in alcuni passaggi della sua scrittura ci troviamo a chiederci quale genere letterario stiamo temporaneamente abitando. O almeno così a me succede, avendo letto quasi tutti i suoi romanzi tra i quali non posso non citare i seguenti, aventi come protagonista sempre Jack Laidlaw: "Laidlaw. Indagine a Glasgow" (1977); "Le carte di Tony Veitch" (1983); "Oscure lealtà" (1991). Pubblicato anch'esso nel 1977, "Come cerchi nell'acqua" arriva in Italia solo oggi per i tipi della Feltrinelli. Rispetto ai successivi che ho citato, sembra scritto in modo più "grezzo", meno "limato" e pensato, è cioè più passionale e immediato nella scrittura. Tuttavia la cifra stilistica di McIlvanney rimane sempre la stessa, ed anzi sembra qui accentuarsi l'elemento poetico, meno filtrato da necessità particolari di razionalizzazione e sequenzialità del plot. Vi sono infatti pagine assolutamente liriche, in particolare nella prima parte del romanzo, che tra poco andremo a citare. Lo scrittore scozzese dipinge ambienti, caratteri, situazioni, come un pittore dalla mano ferma ma anche molto trasgressiva rispetto al genere "thriller" nordeuropeo. Si discosta decisamente, sideralmente oserei dire dagli Autori scandinavi ad esempio, e non vuole avere nulla a che vedere con la tradizione del classico giallo inglese, moderno o contemporaneo che sia. McIlvanney scrive storie, descrive spazi umani, usa il linguaggio per creare dimensioni emotive. Che poi la cornice in cui si colloca la sua fabula sia quella del genere giallo, è un fatto tutto sommato secondario. Ma veniamo a qualche concreto esempio del mood poetico che attraversa le pagine del nostro scozzese. Andiamo a pag. 13: 

"Come eri riuscito a nasconderti per tanto tempo? Un giocoliere che lancia in aria una ruota di sorrisi, cenni del capo, coltelli e forchette, e due passi fino all'autobus, e sfogliare il giornale, per vent'anni, facendo della tua vita una macchia indistinta dietro la quale nascondere il vero te stesso"

Un giocoliere che lancia in aria una "ruota di sorrisi". Non è meravigliosa questa metafora? E tutte quelle virgole, messe nei punti esatti in cui far cadere le pause, obbligando il pensiero del lettore a fermarsi, a dare peso ad ogni parola, una parola piena, assolutamente e sempre significante, mai superflua, e soprattutto poeticamente evocativa. Ma leggiamo ancora tra le pagine 13 e 14: 

"Era strano quanto fosse poco il sangue, appena qualche macchiolina scura sui pantaloni, così potevi immaginare che non fosse mai successo. Ma era successo. Tu eri lì. Il corpo era come una lebbra, e tu eri il lebbroso, un contagio accucciato a terra, che dondolava sui talloni. 
Eri diventato la solitudine. Il freddo era la cosa giusta. Da ora in poi saresti stato solo" .

"Come cerchi nell'acqua" parte in quarta, con la figura di un assassino che fugge da se stesso senza poterlo fare, come schiacciato da un senso di colpa raskolnikoviano da cui non è possibile separarsi, un personaggio tratteggiato a rapidi colpi di pennello su una tela ruvida, che ci mostra tuttavia solo la piccola parte di un affresco che andrà delineandosi sotto i nostri occhi pagina dopo pagina. Un affresco abitato da personaggi che è difficile dimenticare, come Bud Lawson, il padre della ragazza uccisa, la cui rabbia "si era spostata. Era in transito, come un camion carico di ferro in cerca di qualcuno da investire", personaggio che Laidlaw si immagina "strappare uno spago che non si era annodato bene o schiacciare sul pavimento un tubetto di dentifricio rotto" (pagg. 18 e 19). Oppure Harkness, braccio destro di Laidlaw, ragazzo di buona famiglia, messo alle calcagna dell'ispettore per monitorare le sue bizzosità costituzionali, ma che dall'ispettore sarà sedotto (e non abbandonato). Tutti si muovono come su un palcoscenico fatto di strade, vicoli bui, vecchi capannoni dismessi, locali notturni e pub da dove transita tutta l'umanità dolente di una città scozzese alla deriva, e il movimento è ottimamente orchestrato e coerente come in una coreografia dai toni foschi e drammatici. La trama si sviluppa attraverso un intreccio che certamente vira presto verso il noir pur mantenendo un costrutto classicamente thriller . Costrutto narrativo che tuttavia sfocia in un finale da pura letteratura in quanto tale, aldilà del genere che desideriamo chiamare in causa. Lo spessore psicologico dei protagonisti è poi sempre tweed dello spirito, tweed originale, lavorato artigianalmente da vere pecore scozzesi, e scusate se uso anch'io metafore un pò ardite per descrivere un romanzo dalle tonalità così profondamente poetiche. Suggerirei quindi al lettore di non accostarsi a questo romanzo ( e a nessun altro di McIlvanney) come ad un semplice "romanzo giallo", ma come ad un romanzo di pura letteratura e basta. Il recinto del "giallo" è infatti troppo stretto per contenere l'ispirazione di McIlvanney che, come un cavallo libero e spumeggiante della sua naturale bellezza, galoppa nella pianura all'imbrunire. Grande potenza di scrittura, grande spirito evocativo, che a tratti rimanda a qualcosa di metafisico, come a un quadro di De Chirico. "Come cerchi nell'acqua": caldamente consigliato.