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lunedì 30 maggio 2011

The Ward, di John Carpenter (2010)


La giovane e bella Kristen viene ricoverata in una clinica psichiatrica dopo essere stata arrestata per aver incendiato una vecchia fattoria. Qui incontra diverse altre ragazze, tutte disturbate e con personalità molto diverse tra loro: Sarah, una chiacchierona che dice di sapere sempre tutto; Iris, una dolce e talentuosa artista che cerca di farla sentire benvenuta; Emily, una pazza scatenata, ma simpatica; e Zoey, che ha un comportamento infantile ed è attaccatissima al suo pupazzo a forma di coniglietto.
Kristen scopre anche che il fantasma di una misteriosa giovane donna abita i corridoi e le stanze di quel luogo, tormentandone gli ospiti ivi ricoverati.
Ma non è tutto: investigando sul passato del sinistro ospedale,  arriva a credere che nessun paziente lo abbia mai lasciato da vivo.

La domanda fondamentale che ci si pone dopo aver visto "The Ward", è perché un maestro del calibro di John Carpenter debba aver bisogno di buttare nel cesso la propria credibilità artistica, confezionando un'operatta insipida e debolissima come quest'ultimo suo film. E tutta l'energia critica che uno ha a disposizione nel momento in cui si dispone a scrivere una recensione in merito a "The Ward", se ne va completamente convergendo verso la ricerca di una possibile risposta a tale domanda, che tuttavia rimane (almeno per me) irrisolta. Infatti sarei tentato di terminare qui la "recensione", non fosse per il rispetto profondo che nutro nei confronti di chi mi legge, pubblico verso cui ritengo di avere l'obbligo etico di dar conto in modo accurato di ciò che vedo al cinema. Ben due menti sceneggiatrici (M. e S. Rasmussen) producono uno script che è un topolino partorito da una montagnetta: il disvelamento finale, in stile agnizione retorica, con presuntuose intenzioni socio-psichiatriche, è la ciliegina su una molle torta di panna, che fa tuttavia crollare la torta medesima e certo non la abbelisce esteticamente. Tutto il film si fonda infatti su questa agnitio, topos retorico conosciuto fin dai drammi latini, ed utilizzato per sorprendere il pubblico attraverso la "scoperta" della vera identità di un personaggio. Il problema è che alla fine di tutto il girato, questa modalità stilistica, che retrospettivamente dovrebbe arricchire e sorprendere, non dà affatto spessore alla storia, ma al contrario la banalizza e costringe in stereotipi, che qui non specifico per non cadere in spoiler. Il film descrive poi caratterizzazioni dei personaggi, che definire superficiali sarebbe un eufemismo, ma mi fermo qui rispetto a questo aspetto critico, solo perchè mi piange il cuore massacrare un grande vecchio come Carpenter. Sarebbe come massacrare un pezzo del mio Sè, della mia storia, e non vedo perchè farlo, perchè non mi ritengo così masochista. Regia, movimenti di macchina nei corridoi bui del "North Bend PsychiatricHospital", montaggio, tutto sembra tagliato sciaguratamente con la scure, un "tant al tòc", come si dice a Milano, cioè senza un briciolo di quella finezza perturbante che eravamo abituati a vedere in certe sequenze del Carpenter di trent'anni fa. Ma forse il problema sta proprio lì, cioè dovremmo abituarci all'idea che i "grandi maestri" non esistono più, e che dobbiamo elaborare il lutto relativo al fatto che un "The Thing" non tornerà, perché il tempo passa, e così come con la deriva dei continenti l'Africa non si congiungerà più all'Europa, allo stesso modo Carpenter, così come Craven o Raimi, per dire, non sono più quelli delle origini, e certamente in un futuro prossimo non torneranno più ad essere quelli che erano. E perchè dovrebbero, poi, mi domando? Mi rendo conto che questa consapevolezza è un colpo basso per il nostro immaginario filmico, ma è anche un antidoto alla cocente delusione che si prova nel guardare questi ultimi colpi in canna di registi che non hanno più niente da dire, proprio in un'epoca storica in cui invece MOLTO ci sarebbe da dire, attraverso il medium cinematografico perturbante. Cioè, per essere più chiaramente esemplificativo: come fa, voglio dire, uno che ha girato "Essi vivono" (1988), oppure "Il seme della follia" (1994), a cucinare un brodino liofilizzato Knorr come questo "The Ward"? Ma, come si vede,  torniamo così alla domanda iniziale, su cui le energie del critico tendono a convergere dopo la visione di una Amber Heard che vaga come un'ubriaca all'interno di uno degli ospedali psichiatrici più improbabili e inutili della storia del cinema horror. Su questa domanda senza risposte, su questo mistero glorioso mi fermo definitivamente rispetto a questa recensione, auspicando un dibattito su questo tema -se interessa- tra coloro che passano di qui e hanno la pazienza di leggermi.  
Regia: John Carpenter Sceneggiatura: Michael Rasmussen, Shawn Rasmussen Fotografia: Yaron Orbach Montaggio: Patrick McMahon Musica: John Carpenter, Mark Kilian Interpreti: Amber Heard, Danielle Panabaker, Mamie Gummer, Jared Harris, Mika Boorem, Lyndsy Fonseca, Laura Leigh, Sydney Sweeney, Dan Anderson, Susanna Burney, Sali Sayle Nazione: USA Produzione: FilmNation Entertainment, Premiere Picture, Echo Lake Productions Anno: 2010 Durata: 88.

9 commenti:

  1. L'ho visto ieri sera, e pur senza pretese, non mi ha fatto tutta questa malvagia impressione.
    Anzi, sempre parlando di Maestri in crisi di risultati e di temi psichiatrici, mi è parso più divertente ed incisivo di Shutter island.

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  2. @ MrJamesFord: purtroppo (o per fortuna) non siamo d'accordo. Il paragone con il dolente "Shutter Island" poi mi trova ancor meno d'accordo. Le performance di Amber Heard non sono neanche lontanamente confrontabili con l'intenso Leonardo di Caprio. La mia naturalmente è solo un'opinione come tante. Carpenter in ogni caso con "The Ward" mi ha deluso, ma lo so che questo è un problema mio, cioè è una mia nostalgia dell'"età dell'oro" dell'horror :)

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  3. Ciao Psiche, arrivo in ritardo come al solito ma aspettavo con una certa impazienza questa tua recensione, proprio perché conosco il tuo grande amore e passione per certo cinema horror... d'autore. Si perché di grandi autori stiamo parlando.
    Immaginavo (nel pianto, comunque) che anche Carpy avrebbe fatto la cazzata.
    Non ho visto il film perché aspettavo la tua critica. Adesso che ho la conferma, lo guarderò lo stesso, non perché ami farmi del male ma perché voglio capire meglio come si possa cadere così in basso...
    Da altre recensioni ho letto bene di questo film ma questo mi fa capire che i grandi autori "di un tempo" muoiono sotto le sciabolate del marketing selvaggio e cercano di alzare il tiro per vendere il più possibile... e come si dice: "Ci si paga lo stipendio!"

    Grandissima passione in questa rece e dopo questo lungo e inutile commento vedrò The Ward e ti saprò dire.

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  4. @ Eddy: carissimo, ti ringrazio come al solito dell'appassionato commento. Ne approfitto per chiederti se mi potessi segnalare i link delle recensioni di "The Ward", perchè desidererei fare un confronto. Grazie :)

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  5. Nonostante non sia d'accordo, la tua è una recensione bellissima e appassionata, da cui traspare tutta la delusione nei confronti di un grande autore da cui ci si aspetta sempre qualcosa di più, qualcosa di migliore rispetto agli altri.
    E se fosse proprio questo il problema? Se provassimo a guardare The Ward senza le gigantesche aspettative che il nome Carpenter si porta dietro, il giudizio sarebbe diverso?Per esempio, ho letto la tua recensione di Insidious e ho visto che l' hai apprezzato. Io, a parte i primi venti minuti, avrei voluto spaccare a testate il monitor. Invece di The Ward ho amato moltissimo il rigore estremo della regia e il suo essere così poco legato alle tematiche attuali del cinema horror, così lontano nel tempo, così capace di infischiarsene di qualsiasi moda o tendenza contemporanea, da sembrare addirittura un film pre-carpenteriano.
    Non so se è tutto un problema di aspettative o di legami affettivi con gli autori, oppure se i nostri gusti si sono modificati col tempo. E dopo questa lunghissimo sproloquio senza senso, ti saluto e vado a smontare un paio di film!

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  6. la sceneggiatura non è fenomenale, per il tocco registico non mi sembra andato perduto.
    e poi già in passato qualche film mediocre l'aveva fatto...
    questo invece mi è sembrato un ritorno in forma più che discreta

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  7. L'ho visto oggi e a me ha deluso moltissimo, pur non essendo un esperto dell'età dell'oro degli horror (anzi, ne ho visti davvero tanti, ma tutti abbastanza recenti), al punto che mi è quasi sembrato un B movie. Era un problema del mio tv o la versione 'mostruosa' di Alice era fatta davvero malissimo (quelle animazioni delle vene che si muovono o che diavolo sono sono oscene)? poi il film non mi ha lasciato proprio niente... P.S. a me "Shutter Island" è piaciuto tantissimo xD

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  8. La pagina è un tunnel che affronto a rotta di collo spingendo il piede sull' accelleratore, in fretta e furia, lanciando fugaci sguardi ai fari di altri veicoli - Tuo compreso - Che s' incrociano, in quell' istante, ad abbaglianti accesi, vi salutate, convergendo nel parcheggio adibito ad appassionati che, secondo voglia ed abitudine, si confronteranno sull' odierna visione, traendo spunti dai differenti pareri,
    Stranito, viaggio a fari spenti.
    Non riesco a pensare.
    A presto, Angelo.

    Cristian

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  9. @ Lucia: è molto interessante il tuo punto di vista, di cui apprezzo la notevole acutezza. Certo, è possibile che Carpenter abbia voluto effettuare una specie di omaggio ad uno stile horror "antico", ricostruendo gli anni '60 coi suoi ritmi leggeri. Tuttavia il film non mi è sembrato trasmettere particolari emozioni. Sto parlando di regia, naturalmente, cioè di movimenti di macchina, di intreccio sonoro-visivo, e cose così, che Carpenter ha sempre saputo utilizzare al meglio per inquietare. Qui non sembra neanche più lui, da questo punto di vista. Prova a pensare a quelle sequenze de "Il seme della follia" in cui vediamo la bicicletta sulla strada di notte con i pedali fosforescenti. Un tocco semplice e insieme profondamente perturbante. Cosa ne rimane di questo stile in "The Ward"? Grazie moltissimo della visita. Ti seguo sul tuo blog :)

    @Marco: ho letto la tua rece. A me sembra invece che quello che è andato perduto sia proprio il tocco registico, come scrivo nella risposta a Lucia, più sopra :)

    @ Musashi: concordo totalmente con le tue impressioni. Nella rece non ho parlato della figura di Alice perchè sarei anche lì andato giù durissimo. Gli effetti speciali fanno ridere e spaventano solo i bambini dell'asilo. Perchè, mi domando? Probabilmente ha ragione Lucia, cioè si tratta di una scelta di basso profilo proprio voluta da Carpenter. Alla quale scelta lui però non contrappone altro di interessante come controbilanciamento :)

    @ Cristian: la pagina è la nostra stessa mente che cerca di organizzare un senso ermeneutico delle cose che vede intorno a sè. Non andare "in fretta e furia", ma fèrmati, mi verrebbe da consigliarti. Ma non sono cui per dispensare consigli. Pensare, poi, è difficile. Grazie della visita, caro :)

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