Janenk lavora come tecnico presso una stazione glaciologica sulle alpi austriache, nella quale un gruppo di scienziati sta studiando il ritiro dei ghiacciai. Mentre il gruppo sta aspettando la visita del Ministro dell'Ambiente, Janek si accorge che la parete di un ghiacciaio ha improvvisamente assunto una strana coloritura rossastra...
C'è del buono in questo Blutgletscher del regista austriaco Marvin Kren (Rammbock, 2010), film che sembra un vero e proprio omaggio a "The Thing" di John Carpenter, e certamente anche lo è, pur non essendo solo questo, naturalmente. La pellicola risente sommamente di un budget generale ridotto all'osso, ma proprio per questo va dato atto a Kren di possedere talento registico non comune, perché sa far girare la macchina in modo egregio con soli due soldi, aldilà di parecchie ingenuità di script e di regia sulle quali ci soffermeremo tra breve. Fin dai primi minuti di girato ci accorgiamo di essere dalle parti di un ambiente horror tipicamente carpenteriano: Kren non dissimula affatto questa scelta, e tale decisione appare molto saggia, poiché sposta subito la sua opera da territori derivativi e/o da compiacenze idealizzanti nei confronti della genialità dei Maestri. C'è un cane, ci sono "gli scienziati" isolati in una base per l'osservazione dei mutamenti climatici, c'è "la cosa venuta dall'altro mondo", ci sono le trasformazioni corporee derivanti da un contagio che avviene attraverso il sangue. Gli ingredienti sono sempre quelli, ma il cuoco è diverso, è austriaco, e non frequenta basi polari, bensì, più modestamente, il sud-Tirolo, le sue nebbie alpine, i sassi grigi dei suoi ghiacciai. Penso infatti che questo film potrebbe innanzitutto piacere per un'ambientazione che rimanda a un "gotico rurale" alla Baldini, tanto per intenderci. E proprio a Baldini e ai suoi racconti horror "ambientali" e provinciali è andata subito la mia mente dopo aver visionato il film di Kren. Sto parlando quindi di una capacità (non proprio comune) di fare trapelare il Perturbante dalle crepe di un quotidiano comunissimo, anche solo da un microcosmo dove vivono quattro persone, e da lungo tempo (Janek abita sul ghiacciaio da ormai sei anni, che non sono certo pochi dato l'ambiente isolato e gelido). Chi conosce la montagna e ama scalate e passeggiate ad altitudini considerevoli, si troverà bene in questo film, della montagna riconoscerà i silenzi, i colori, il tempo rallentato e come immobilizzato in un quadro di Magritte. Anche i personaggi sono "isomorfi" all'ambiente allestito da Kren: non sembrano scienziati, ma sgarrupati e malpagati ricercatori universitari di qualche sperduto dipartimento di geologia (ne conosco personalmente alcuni, appunto geologi, e vi assicuro che sono molto simili ai personaggi del film). Anche il casting, quindi, possiede una coerenza notevole rispetto all'importanza data dal regista alla risonanza e all'tmosfera dell'ambiente che circonda gli attori di tutta la vicenda. Vicenda risaputa, come abbiamo detto, ma presentata con accenti originali, attraverso sfumature di script intelligenti (si veda soprattutto l'idea di presentarci un ghiacciaio "rosso sangue" nel bel mezzo delle Alpi sudtirolesi). L'inserzione della storia d'amore tra Janek e Tanja, per esempio, si inscrive con delicatezza e sensatezza all'interno dell'intero tessuto narrativo, e ha un rimando un pò tagliato a colpi di scure nel finale, ma che mantiene e sviluppa comunque una coerenza narrativa che molti filmacci mainstream hollywoodiani si possono solo sognare. Sto dicendo che dietro questo film è presente un pensiero filmico molto solido, anzi, direi proprio uno studio degli stilemi drammaturgici horror-perturbanti nel cinema che rende quest'opera, solo per questo, piuttosto apprezzabile. D'altra parte Schnitzler era austriaco, come Kren, ricordiamolo, e se scomodo il grande scrittore viennese di "Doppio Sogno" (1926) è perché Kren manovra inoltre la materia onirico-immaginaria in modo assai creativo. Anche qui si parte da "residui diurni" cinematografici piuttosto banali, come quello del parassita alieno che genera mutazioni nell'umano. Tuttavia la "formazione di compromesso" creativa che ne deriva, in particolare il mostro, è, ancora una volta, un qualcosa di molto quotidiano, e appunto perciò, molto più perturbante. Non si tratta di strane creature aliene, bensì di volpi che si trasformano in volpe-scarafaggio, oppure di caprioli che diventano caprioli-mosche, e così via, come in un circo cronenbergiano allestito in minore su un bivacco montano qualsiasi. E vi par poco?
Purtroppo Kren cade più volte in alcune buche sul sentiero dello script, errori dovuti a mio avviso principalmente al risicatissimo budget. ad esempio l'operazione chirurgica effettuata dal Ministro Bodiceck sulla giovane ragazza attaccata dall'aquila mutante, è del tutto inverosimile (perché la ragazza urla di dolore solo in fase di cauterizzazione della ferita e non durante il taglio della gamba, in assenza di anestesia? E com'è che troviamo attrezzi chirurgici in una stazione scientifica dove si studiano i ghiacci?). Kren poteva tranquillamente evitare quella sequenza, e probabilmente il film avrebbe guadagnato cento punti in più. Un'attenzione maggiore ad alcuni dialoghi (specie quelli tra il Ministro dell'Ambiente e gli altri personaggi) li avrebbe resi più efficaci e autentici.
Anche gli effetti speciali potevano essere decisamente meglio curati, sebbene, a fronte del budget ridotto, Kren riesca comunque a fare cose egregie (come la sequenza delle mosche infette che fuoriescono dal volto tumefatto di Urs).
In sintesi "Blutgletscher" è un'ottima prova per quanto riguarda il quadro narrativo d'insieme: riesce a costruire atmosfere perturbanti all'interno di ambienti "semplici" e quotidiani, avendo poi a disposizione pochissime risorse; riesce a narrare la storia scritta dal bravo Benjamin Hessler, sviluppando il racconto in modo persuasivo e a tratti toccante (vedi il rapporto tra Janek e il suo cane). Sarebbe davvero bello se Kren potesse venire in Italia per trasmettere almeno un briciolo della sua sensibilità artistica ai nostri scalcagnati e zampaglioneschi registi. Film da vedere, assolutamente.
C'è del buono in questo Blutgletscher del regista austriaco Marvin Kren (Rammbock, 2010), film che sembra un vero e proprio omaggio a "The Thing" di John Carpenter, e certamente anche lo è, pur non essendo solo questo, naturalmente. La pellicola risente sommamente di un budget generale ridotto all'osso, ma proprio per questo va dato atto a Kren di possedere talento registico non comune, perché sa far girare la macchina in modo egregio con soli due soldi, aldilà di parecchie ingenuità di script e di regia sulle quali ci soffermeremo tra breve. Fin dai primi minuti di girato ci accorgiamo di essere dalle parti di un ambiente horror tipicamente carpenteriano: Kren non dissimula affatto questa scelta, e tale decisione appare molto saggia, poiché sposta subito la sua opera da territori derivativi e/o da compiacenze idealizzanti nei confronti della genialità dei Maestri. C'è un cane, ci sono "gli scienziati" isolati in una base per l'osservazione dei mutamenti climatici, c'è "la cosa venuta dall'altro mondo", ci sono le trasformazioni corporee derivanti da un contagio che avviene attraverso il sangue. Gli ingredienti sono sempre quelli, ma il cuoco è diverso, è austriaco, e non frequenta basi polari, bensì, più modestamente, il sud-Tirolo, le sue nebbie alpine, i sassi grigi dei suoi ghiacciai. Penso infatti che questo film potrebbe innanzitutto piacere per un'ambientazione che rimanda a un "gotico rurale" alla Baldini, tanto per intenderci. E proprio a Baldini e ai suoi racconti horror "ambientali" e provinciali è andata subito la mia mente dopo aver visionato il film di Kren. Sto parlando quindi di una capacità (non proprio comune) di fare trapelare il Perturbante dalle crepe di un quotidiano comunissimo, anche solo da un microcosmo dove vivono quattro persone, e da lungo tempo (Janek abita sul ghiacciaio da ormai sei anni, che non sono certo pochi dato l'ambiente isolato e gelido). Chi conosce la montagna e ama scalate e passeggiate ad altitudini considerevoli, si troverà bene in questo film, della montagna riconoscerà i silenzi, i colori, il tempo rallentato e come immobilizzato in un quadro di Magritte. Anche i personaggi sono "isomorfi" all'ambiente allestito da Kren: non sembrano scienziati, ma sgarrupati e malpagati ricercatori universitari di qualche sperduto dipartimento di geologia (ne conosco personalmente alcuni, appunto geologi, e vi assicuro che sono molto simili ai personaggi del film). Anche il casting, quindi, possiede una coerenza notevole rispetto all'importanza data dal regista alla risonanza e all'tmosfera dell'ambiente che circonda gli attori di tutta la vicenda. Vicenda risaputa, come abbiamo detto, ma presentata con accenti originali, attraverso sfumature di script intelligenti (si veda soprattutto l'idea di presentarci un ghiacciaio "rosso sangue" nel bel mezzo delle Alpi sudtirolesi). L'inserzione della storia d'amore tra Janek e Tanja, per esempio, si inscrive con delicatezza e sensatezza all'interno dell'intero tessuto narrativo, e ha un rimando un pò tagliato a colpi di scure nel finale, ma che mantiene e sviluppa comunque una coerenza narrativa che molti filmacci mainstream hollywoodiani si possono solo sognare. Sto dicendo che dietro questo film è presente un pensiero filmico molto solido, anzi, direi proprio uno studio degli stilemi drammaturgici horror-perturbanti nel cinema che rende quest'opera, solo per questo, piuttosto apprezzabile. D'altra parte Schnitzler era austriaco, come Kren, ricordiamolo, e se scomodo il grande scrittore viennese di "Doppio Sogno" (1926) è perché Kren manovra inoltre la materia onirico-immaginaria in modo assai creativo. Anche qui si parte da "residui diurni" cinematografici piuttosto banali, come quello del parassita alieno che genera mutazioni nell'umano. Tuttavia la "formazione di compromesso" creativa che ne deriva, in particolare il mostro, è, ancora una volta, un qualcosa di molto quotidiano, e appunto perciò, molto più perturbante. Non si tratta di strane creature aliene, bensì di volpi che si trasformano in volpe-scarafaggio, oppure di caprioli che diventano caprioli-mosche, e così via, come in un circo cronenbergiano allestito in minore su un bivacco montano qualsiasi. E vi par poco?
Purtroppo Kren cade più volte in alcune buche sul sentiero dello script, errori dovuti a mio avviso principalmente al risicatissimo budget. ad esempio l'operazione chirurgica effettuata dal Ministro Bodiceck sulla giovane ragazza attaccata dall'aquila mutante, è del tutto inverosimile (perché la ragazza urla di dolore solo in fase di cauterizzazione della ferita e non durante il taglio della gamba, in assenza di anestesia? E com'è che troviamo attrezzi chirurgici in una stazione scientifica dove si studiano i ghiacci?). Kren poteva tranquillamente evitare quella sequenza, e probabilmente il film avrebbe guadagnato cento punti in più. Un'attenzione maggiore ad alcuni dialoghi (specie quelli tra il Ministro dell'Ambiente e gli altri personaggi) li avrebbe resi più efficaci e autentici.
Anche gli effetti speciali potevano essere decisamente meglio curati, sebbene, a fronte del budget ridotto, Kren riesca comunque a fare cose egregie (come la sequenza delle mosche infette che fuoriescono dal volto tumefatto di Urs).
In sintesi "Blutgletscher" è un'ottima prova per quanto riguarda il quadro narrativo d'insieme: riesce a costruire atmosfere perturbanti all'interno di ambienti "semplici" e quotidiani, avendo poi a disposizione pochissime risorse; riesce a narrare la storia scritta dal bravo Benjamin Hessler, sviluppando il racconto in modo persuasivo e a tratti toccante (vedi il rapporto tra Janek e il suo cane). Sarebbe davvero bello se Kren potesse venire in Italia per trasmettere almeno un briciolo della sua sensibilità artistica ai nostri scalcagnati e zampaglioneschi registi. Film da vedere, assolutamente.
Regia: Marvin Kren Soggetto e Sceneggiatura: Benjamin Hessler Musiche: Marco Drekkötter, Stefan Will Cast: Gerhard Liebmann, Edita Malovcic, Brigitte Kren, Hille Beseler, Peter Knaack, Felix Römer, Wolfgang Pampel, Murathan Muslu, Michael Fuith, Adina Vetter. Nazione: Austria Produzione: Allegro Film, Filmfonds Wien. Filmstandort Austria, Durata: 98 min.
Ecco, io forse ho apprezzato di più tutti i momentacci splatter, anche se a volte poco credibili proprio come l'operazione alla ragazza che citi. Mi è sembrato che in quei momenti Kren lavorasse più di fantasia e dicesse la sua (anche col poco budget) rispetto ad altri elementi, come la storia d'amore, che io ho trovato posticcia e noiosa ed eccessivamente legata a cose mainstream per far presa - anche giustamente, eh - sul pubblico. :)
RispondiElimina@ Simone: bè, però la "storia d'amore" tra Janek e Tanja non è poi così banale. E' solo accennata e "non fa rumore". Poi è una storia non lineare: si erano lasciati, lui si è auto esiliato per questo per sei anni lassù sui monti. Ma comunque il film è globalmente interessante proprio perché, come dici tu, lavora molto di (e con) fantasia. Il che è notevole. A presto :)
RispondiElimina@ Simone: Eraldo Baldini lo conosci? Immagino di sì essendo anche tu uno scrittore. Cosa ne pensi?
RispondiEliminaGran bella "baracconata" ma realizzata con il cuore come piace tanto a me.
RispondiElimina@ Eddy: sì, esatto, concordo :)
RispondiEliminaSì, certo, conosco Baldini, soprattutto la produzione più vecchia, che preferisco alle sue cose più recenti. Gotico rurale è una gran bella antologia e la ricordo ancora con piacere :)
RispondiElimina