L'eterna lotta tra un gruppo di cherleaders e i giocatori di una squadra di football di un college americano tra i tanti, si trasforma in tragedia nel momento in cui il gruppo dei maschi provoca un incidente stradale in cui muoiono le cheerleaders più avvenenti e in vista del gruppo. Hanna, l'unica sopravvissuta, pratica la magia nera e attraverso i suoi insospettabili poteri riporterà in vita le sue amiche. Le ragazze potranno così realizzare i loro desideri di vendetta...
Presentato al Toronto Film Festival 2013, "All Cheerleaders Die" dell'interessante duetto McKee (May, 2002; Red, 2008; The Woman, 2011) - Sivertson (Jack Ketchum's The Lost, 2006; I know who killed me, 2007), solleva più di una curiosità a chi gli si avvicina. La prima è sicuramente relativa al percorso artistico di McKee, regista che coi tre film sopracitati infonde nuove profumazioni al bouquet sempre piuttosto ricorsivo e stantio del genere horror statunitense. Con May e Red McKee diventa poi un interprete molto fine dell'anima oscura della provincia sottoproletaria americana, quindi non si può certo girare la faccia dall'altra parte quando ti sforna un nuovo film. Vi ricordate le luci acide e la fotografia liquida, ameboide di May? Piccoli ma intensi elementi che fanno del suo cinema qualcosa di particolare. Lo sposalizio con Sivertson (anch'egli interprete a tratti interessante del Perturbante cinematografico yankee) non sembra però arrecare grandi vantaggi al regista nato e cresciuto nella sperduta cittadina di Jenny Lind, Contea di Calaveras, California. Diciamo che McKee sembra con quest'ultimo film, voler uscire dal natio borgo selvaggio, che tanto, saggiamente, pensiamo avesse ispirato le sue produzioni precedenti, per andare a conoscere il grande spazio mondano che si apre laggiù, dopo l'ultima stazione di servizio e il silos con l'acqua dove lui giocava ai cow-boy e agli indiani, da piccolo. Sì, certo, il mood provinciale permane e caratterizza anche "All cheerleaders die" (pensiamo agli allenamenti sul campo da football della scuola, oppure ai dialoghi da covo di vipere tra le ragazze), ma è un mood molto meno denso, molto meno protagonista dell'intera vicenda. Sivertson e McKee, uniti da una strana alchimia che non capiamo da dove possa essere nata, sembrano presi dal sacro fuoco della contaminazione dei generi, e si divertono un mondo, sembrerebbe, a mescolare trash e pulp, horror-comedy e zombie-movie, alla ricerca di un sapore nuovo con cui creare un nuovo cocktail. In effetti "All cheerleaders die", soprattutto alla luce delle precedenti opere di McKee, non può che essere visto come un puro e semplice divertissement senza pretesa alcuna, una pausa metacinematografica non paragonabile ad altri più "alti momenti": un pò come imparagonabili risultano ad esempio gli hitchcockiani "La congiura degli innocenti" (1955) e "Psycho" (1960), per dire. Un discorso a parte va però fatto per la colonna sonora, nella quale spiccano canzoni come "Look out young son" dei Grand Ole Party che accompagna egregiamente l'ingresso trionfale al college delle cheerleaders resuscitate (si veda il video più sotto). La scelta delle canzoni è cioè a mio avviso ottima. Sono canzoni che possiedono, scusate l'ossimoro, una loro potenza sensoriale, un loro pathos molto idoneo a rendere il tourbillon ormonale che attraversa tutti gli studenti. Si procede infatti dai Grand Ole Party ad A Giant Dog con "Teasin Ass Bitch", titolo senza peli sulla lingua, appunto, uno "Smell like a teen spirit", come direbbero i Nirvana. Credo sia anche questo uno degli intenti principali del film di McKee-Sivertson, non sappiamo quando consapevole: fare un film che sia un inno agli spettatori d'elezione del genere cinematografico di cui i due registi si occupano, cioè un inno al vitalismo libidico di cui solo gli adolescenti conoscono la potenza. La sequenza della seduzione di uno dei ragazzi nei bagni della scuola, da parte di una delle più sensuali ed erotizzate tra le cheerleaders-zombie, è la chiara dimostrazione di questo intento. La sequenza successiva mostra il lato mortifero della potenza sessuale, quando vediamo lo stesso ragazzo, attaccato da un'altra cheerleaders, da lui invece rifiutata, che lo solleva di peso scagliandolo contro un albero da cui poi ricade sanguinante: siamo dalle parti di un pulp quasi alla Tarantino, come suggestione, intendo (non dimenticate che ho detto "quasi", e lo sottolineo). Forse c'è qualcosa che richiama anche il Joe Landsdale delle scazzottate di Hap & Leonard, intendo dire, ma comunque il film a tratti mostra panorami nei quali il tocco da maestro (di McKee in particolare, diciamolo) si coglie appieno. Tutte le scelte "di contenuto" sono infatti completamente eccentriche, non sono cioè il baricentro concettuale del film: tematica zombie, elemento voodo, viraggio pulp, sono solo le quinte più esterne di un teatro al centro del quale è lo stesso sguardo ormonale, eccitato, febbrile, voyeuristico dello spettatore adolescente ad essere il vero protagonista. Il risultato finale di questa nuova sonata a quattro mani, risulta tuttavia, ad una lettura d'insieme, frammentato e disarmonico. Il prefinale e il finale caricano troppo sui toni del puro grottesco, rischiando di buttare via il bambino con l'acqua sporca, pericolo che s'insinua (inutilmente) in altri punti nodali del film, come ad esempio l'utilizzo da parte di Hanna delle pietre voodo, che si accendono come luminarie natalizie quando uno meno se lo aspetta. In sintesi "All cheerleaders die" è una prova controversa, di difficile lettura e valutazione, che certamente incuriosisce e che, alla fine, si mostra troppo poco uniforme per poterne dare un giudizio complessivamente positivo. Rimangono certo nella memoria certe sequenze ottimamente girate (come quella già citata dell'ingresso delle ragazze redivive al college, oppure quella del dissanguamento del vicino di Hanna), così come una colonna sonora che è un puzzle di canzoni di gruppi "alternative" contemporanei molto interessanti, tutti aspetti che rendono gradevole il film. Si tratta comunque di aspetti singolari e separati che non aiutano però a delineare una gestalt narrativa globalmente unitaria ed equilibrata. "All cheerleaders die": una specie di gita fuoriporta di McKee insieme ad amici in vena di revival studenteschi. Attendiamo che torni dalla gita con un pò più di ispirazione.
Regia: Lucky McKee e Chris Sivertson Soggetto e Sceneggiatura: Lucky McKee e Chris Sivertson Fotografia: Grag Ephraim Musiche: Mads Eldtberg Cast: Caitlin Stasey, Sianoa Smit-MvPhee, Brooke Butler, Amanda Grace Cooper, Reanin Johannink, Tom Williamson, Chris Petrovski, Leigh Parker, Nicholas S. Morrison, Jordan Wilson, Felisha Cooper, Nazione: USA Produzione: Moderciné Durata: 90 min.
nonostante il tuo giudizio non del tutto positivo, per un amante dei teen-horror come me potrebbe diventare un nuovo cult :)
RispondiEliminaSono comunque molto curioso - se di McKee è facile in ogni caso fidarsi, Sivertson è davvero una roba strana, bravissimo in The Lost ma le altre sue robe sono terribili. :)
RispondiElimina@ Marco:posso certamente capire sia il tuo interesse per il teen-horror (filone importante nella storia del cinema perturbante) sia il fatto che molte sequenze di questo film ti appaiano come magistrali. E' la gestalt complessiva che non mi ha molto convinto.
RispondiElimina@ Simone: anche secondo me il risultato finale non eccelso deriva dalla bizzarra presenza di Sivertson. Speriamo che Mckee faccia presto un nuovo film da solo :)
Personalmente l'ho trovato incompleto,gli manca qualcosa che lo renda veramente riuscito. Certo ci sono momenti in cui lo stile di McKee si vede e che sono molto riusciti ma tutta la parte finale mi ha dato la sensazione di essere stata realizzata in fretta.
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