Invitato ad un dinner party dalla sua ex moglie, Will comincia a sospettare che i nuovi padroni della sua vecchia casa non abbiano buone intenzione nei suoi confronti e verso tutti gli amici presenti...
Regia: Karyn
Kusama Soggetto e Sceneggiatura: Phil Hay,
Matt Manfredi Cast: Logan Marshall-Green, Tammy Blanchard, Emayatzy Corinealdi, Michiel Huisman, Lindsay Burdge, John Carrol Linch, Jay Larson, Mike Doyle. Nazione: USA Produzione: Gamechanger Films, Lege Artis Durata: 1h e 40 min.
"The
Invitation" è un thriller metafisico (non possiamo propriamente
definirlo un horror) che nel corso del suo svolgersi si trasforma
sempre più profondamente in riflessione sul lutto patologico, un
lutto che per sovramercato è quello per un figlio morto, da parte di
una coppia, quella di Eden e Will, ormai separata da alcuni anni (Logan Marshall-Green nei panni di Will sembra un Cristo crocifisso da una Tammy Blanchard-Eden completamente intossicata dal suo stesso narcisismo distruttivo: mai scelta di casting fu più azzeccata).
Tale poetica ci viene tuttavia nascosta per quasi tutto il tempo,
squadernandosi invece completamente negli ultimi 15-20 minuti,
coincidenti poi con un vero e proprio bagno di sangue che non ci
saremmo aspettati, quantomeno di tali dimensioni. Ho scritto
"metafisico" perché la regista Karyn Kusama declina tutta
la grammatica dello script sul piano della costruzione di
un'atmosfera paranoide e surreale, entro la quale si muovono
personaggi tra di loro apparentemente molto familiari: i personaggi
sulla scena si conoscono tutti da tempo, sono vecchi amici, a parte
la giovane Sadie e l'enigmatico Pruitt che ci appaiono subito come
oggetti bizzarri rispetto all'amalgama del gruppo. Eden organizza una
festa nella sua casa sulle colline di Los Angeles, invitando il suo
ex-marito, Will e la sua nuova compagna, Kira.
All'inizio
tutto appare soavemente amichevole. Il compagno di Eden abbraccia
Will; un vecchio amico della coppia si lancia in volgarità
goliardiche che fanno ridere tutti; si brinda; ci si accomoda
mollemente sui divani del salotto. Poi, lentamente, dopo lunghi piani
sequenza sui vasti ambienti della casa, sui corridoi in penombra,
sulla piscina azzurrognola, sulle colline illuminate che circondano
la villa, il surreale, il metafisico, come in un quadro di De Chirico
di nuova fattura, irrompe sulla scena, attraverso la comparsa di un
breve video che David (il nuovo compagno di Eden, interpretato da un Michiel Huisman davvero sottilmente perverso) decide di mostrare
al gruppo di amici: il video riprende una donna distesa in un letto
che esala il suo ultimo respiro, mentre una sorta di santone
post-moderno propone alcune sue considerazioni non particolarmente
profonde sulla morte e sulla possibilità di liberarsi da ogni
sofferenza. Eden e David plaudono a tale raggelante visione, mentre
il gruppo di amici, Will soprattutto, rimangono attoniti e
imbarazzati di fronte alla piega incomprensibile che sta prendendo la
serata. Subito dopo lo stesso David propone a tutti un gioco
che consiste nell'esprimere, da parte di ciascuno, un desiderio che
vorrebbe realizzare lì, quella sera. Anche qui il surreale la fa da
padrone: Eden desidera baciare sulla bocca il vecchio amico Ben, e lo
bacia davvero, mentre Sadie che ha sempre più l'aria di una
sgualdrinella da due soldi capitata lì nessuno sa per quale motivo,
afferma che il suo desiderio è quello di amare tutti i presenti. Di
seguito Pruitt racconta col sorriso sulle labbra della morte della
moglie, causata inavvertitamente da lui durante un violento litigio
con lei.
A
questo punto lo script subisce un essenziale avvitamento sul registro
della paranoia. Una delle partecipanti al gruppo decide di andarsene,
si sente molto imbarazzata, non se la sente di restare. David insiste
che rimanga, Will mette a tacere il compagno di Eden, e la donna se
ne va, seguita da Pruitt che deve spostare la sua automobile
parcheggiata dietro quella della donna. Da qui in poi il narrato
diventa tutto un susseguirsi di dialoghi sotto forma di battibecchi
tra Will, Eden, e David, in un andamento schizo-affettivo che aumenta
a vista d'occhio la tensione. La paranoia sale, qualcuno insinua che
i due ospiti appartengono ad una setta, e Will comincia a sentirsi
molto confuso e spaventato. Si aggira per la casa nella quale ha
abitato in anni passati con moglie e figlio, ricorda il volto del suo
bambino, attraverso immagini struggenti che il regista colloca in
alcuni punti nodali della storia (vedi il flashback "edipico"
in cui Will ed Eden sono nella vasca da bagno, e il figlio li
sorprende in atteggiamenti teneramente erotici).
Fino
al settantesimo minuto tutto procede su un registro
esistenzialistico-metafisico, cioè non accade nulla se non sul piano
di dinamiche gruppali stranianti, e il girato appare come teatrale,
statico. Il viraggio catastrofico arriva inaspettatamente a circa 15
minuti dalla fine del film, durante la bellissima sequenza del
brindisi, il cui drammatico, sconvolgente seguito è girato con un
uso del ralenty perfetto, toccante, un ralenty cadenzato da note
cupe, lente, funeree. È proprio tra prefinale e finale che il
tema del lutto persecutorio si mostra come il cuore pulsante, ferito
a morte, di tutto il film. Kusama, inaspettatamente, dopo un
"Jennifer's Body" (2009) che non aveva lasciato un segno
significativo, ci mostra invece, con artiglio da pantera, il segno,
il marchio a fuoco del lutto, e lo fa senza nessun velo, "a
cuore aperto" potremmo dire, e senza mai toccare le corde di un
romanticismo manieristico o di qualsivoglia tipo, tenendosi lontano
da sequenze gratuitamente lacrimevoli (a partire dalla morte del
figlio di Eden e Will, le cui modalità rimangono avvolte nel
mistero).
La
fine di Eden, sdraiata sull'erba del giardino è una rappresentazione
emblematica di questa scelta stilistica tutta centrata sul tema del
dolore mentale e della sua pensabilitá/impensabilitá. "The
Invitation" è un'altra bella, intensa, indimenticabile prova
del nuovo corso cinematografico perturbante statunitense. Un film al
quale mi sono avvicinato con cautela, avendone letto fin troppo bene
da più parti, ma che ho trovato molto intenso e tecnicamente
raffinato, in particolar modo dal punto di vista di una scrittura
filmica altamente poetica e incisiva nel creare atmosfere emotive che
Melanie Klein credo definirebbe senz'altro "schizo-paranoidee"
allo stato puro. Atmosfere che avvelenano le menti dei protagonisti e
dei padroni di casa (Eden e David), e che tendono a contagiare il
gruppo intossicandone i legami e le relazioni. Tale rappresentazione
della paranoia come fenomeno di gruppo (anche religioso, anche
politico, anche aziendale ad esempio) è molto suggestiva e anche
scientificamente fondata, se guardata da un punto di vista ad esempio
psicoanalitico. Basti leggere alcuni testi significativi in merito al
funzionamento mentale dei gruppi (vedi, W.R. Bion, 1958 E. Jaques,
1990, R. Kaes, 2009 etc.) per rendersi conto che "The
Invitation" ha a tale proposito molto da dire, anche a
psicoanalisti, gruppo-analisti, terapisti di coppia e figure affini. Ha molto da dire in ogni caso, e a tutti, quindi lo consiglio vivamente.
devo vederlo assolutamente, allora! Il tema del lutto è tra i miei preferiti, visto che gran parte della nostra vita è legato ad esso. In più le dinamiche di gruppo che rendono vacillanti le responsabilità sociali e individuali, mi par un ottimo argomento
RispondiElimina@ Babordo76: film da vedere assolutamente, e grande prova di una Karyn Kusama che non mi aspettavo così profonda. A presto.:)
RispondiEliminarecensione da applauso e film che ho in programma di vedere da un po' ma con i bimbi sempre a gironzolare intorno aspetto momento giusto
RispondiElimina@ Beatrix Kiddo: ti capisco, anch'io ho un kid di 10 anni (e un ragazzone di 15) che in realtà cerca di guardare tutti i film horror che può, e sono io che cerco di impedirglielo! Il film in questione lo consiglio davvero. Molto psicologico, molto "femminile", molto tragico. Molto perturbante. Grazie della visita e a presto :)
RispondiEliminaFilm psicologioco e introspettivo..ho amato il personaggio di Tom Hardy che crede di non stare bene lui e si estranea dalle conversazioni e dai presenti, quando è circondato lui da pazzi..ho un solo dubbio: cosa rappresenta la lanterna rossa che viene accesa da David e che poi ritroviamo nel finale? Grazie mille
RispondiElimina@Valentina Mosciano: credo (questa è la mia interpretazione) che la lanterna rossa indichi una vasta diffusione della setta cui facevano parte Eden e David, setta dedita a rituali luttuoso-mortiferi. Il film, concordo, è di notevole finezza introspettiva. Grazie della visita :)
RispondiElimina