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sabato 4 dicembre 2010

Heartless, di Philip Ridley (2009)


Definire “Heartless” un “film horror” è decisamente riduttivo, soprattutto perchè Philip Ridley è un artista a 360 gradi e non solo un regista. Infatti torna al genere cinematografico dopo ben dieci anni, durante i quali ha continuato a fare il pittore, l’autore di pieces teatrali, lo sceneggiatore, nonchè lo scrittore di romanzi e racconti per ragazzi. E’ necessario dunque considerare quest’ultima sua opera come una deviazione, seppur di un certo peso estetico, dai suoi standard performativi usuali. Certo, si era già impegnato nella dimensione cinematografica con “The Reflecting Skin” (1990), che gli aveva valso il leopardo d’argento al Festival di Locarno, e che lo aveva reso visibile alla critica e al pubblico. Girerà successivamente, nel 1995, “The Passion of Darkly Noon”, ambientato, come il precedente, nell’America povera e rurale del secolo scorso, descrivendone con poeticità considerevole i lati sinistri e grotteschi. Non possiamo considerare Ridley comunque e  “semplicemente” un regista, bensì un’autore che esprime la sua poetica in modo proteiforme, poliedrico, aperto. Fatta questa debita contestualizzazione curricolare del personaggio, “Heartless” si pone dunque come un’indagine della “working class”, non più statunitense, ma inglese, di oggi, osservata attraverso un utilizzo sapiente e insieme poetico del genere horror. Un “new-gothic-horror”, potremmo definirlo, che pesca largamente da stilemi barkeriani, nonché da alcune suggestioni che rimandano all’opera di China Mieville, soprattutto nel dipingere gli outskirts urbani londinesi, così freddi e privi di umanità,  mescolando tale location con la presenza di un mondo parallelo soprannaturale caratterizzato da tinte millenaristiche e catastrofiche. Una “catastrofe” che incombe ed emerge ad ogni fotogramma, nella totale indifferenza e insipienza dell’umanità circostante. L’atmosfera che si respira guardando questo film ha infatti un sapore esistenzialistico, sartriano: Jamie (Jim Sturgess) è un ragazzo dell’East End di Londra, che vive tutto il suo disagio giovanile nel sentirsi un diverso, un reietto della società, a causa di una grossa, devastante voglia rossastra che gli rovina completamente il viso e una parte del corpo. Preso in giro dai ragazzi del quartiere che lo sbeffeggiano dicendogli “elephant man”, Jamie è orfano di padre e vive con la madre in uno dei tanti anonimi appartamenti abitati da una classe operaia senza più identità né dignità. Il rapporto con la madre è tuttavia molto affettuoso, profondo, e Ridley  disegna questo rapporto con grande e commovente forza espressiva nelle prime sequenze del film. In una notte di vagabondaggi, in giro a fotografare sottopassi deserti e zone da archeologia industriale, Jamie si imbatte in una gang di balordi e assiste alla morte di un uomo bruciato vivo da strani esseri incappucciati le cui sembianze non sono certo umane. E’ a questo punto del film che Ridley ci apre le porte, con mano lieve ma ferma, a un mondo soprannaturale, demoniaco e parallelo, nel quale entreremo sempre più drammaticamente nel corso dell'opera, insieme al protagonista. In verità, a tratti, oltre che una amara riflessione esistenzialistica sul mondo contemporaneo, “Heartless” sembra essere la narrazione di un romanzo familiare adolescenziale, in particolare dopo che la morte della madre di Jamie, uccisa dalla gang di mostri incappucciati che terrorizza il quartiere, farà crollare ogni certezza del ragazzo rispetto al “senso del mondo” che lo circonda. Direi che questa mia personale interpretazione di uno sguardo privilegiato del film sul versante “adolescenziale”, possa trovare conferma nella sequenza in cui  Jamie sarà costretto da Papa B. ad usare il coltello del padre morto, per portare a termine il compito  implicito nel patto demoniaco siglato con lui. Il contratto diabolico consiste nell’eliminare la voglia che deturpa il viso di Jamie, realizzando il desiderio narcisistico della madre di avere un figlio bellissimo, a patto che Jamie si trasformi in brutale serial killer. Il coltello paterno sottolinea l’identificazione edipica persecutoria adolescenziale, e la pone in linea col processo di separazione traumatica dalle figure genitoriali (entrambi i genitori di Jamie sono morti). Jamie si trova lentamente circondato da “mostri”, non sappiamo bene se allucinati o “reali”, che segnalano l’impossibilità di elaborare il lutto per la perdita delle certezze genitoriali, familiari, e insieme di quelle sociali, lavorative, relative al poter progettare un proprio personale futuro. Come si vede già da questa proposta di analisi sottotestuale della pellicola, c’è molta profondità e finezza costruttiva in questo film, il che ci dà ancora una volta la prova di quanto il cinema europeo che si declina in chiave horror-perturbante, sia estremamente fecondo di suggestioni. Il cinema anglosassone in particolare, tanto quanto quello francese, entrambi così capaci di sintetizzare e rappresentare aspetti socio-politici attuali, insieme a storie dove l’inquietudine esistenziale dei protagonisti si sposa meravigliosamente con il “genere” horror. Certamente alcuni punti della sceneggiatura di “Heartless” sono deboli e poco lavorati (come il passaggio troppo rapido delle sequenze in cui la madre di Jamie viene uccisa), così come l’andamento narrativo risulta in alcuni tratti lento e  ricorsivo, ma, aldilà di queste perdonabili pecche, “Heartless” non ci esime dal tirare un ennesimo, salutare sospiro di sollievo rispetto al livello di creatività horror-filmica che serpeggia ancora con vivacità nel nostro caro Vecchio Continente. Un tale livello di sperimentazione artistica come quella portata avanti da un Ridley, ci permette di nutrire la speranza che il filone cinematografico perturbante europeo elabori forme sempre più interessanti di rappresentazione dell’inquetudine moderna. Per concludere due parole sul cast, egregiamente selezionato, sul quale spicca un giovane Jim Sturgess che sa vestire i panni della diversità e del malessere, attraverso modalità mai urlate o inutilmente istrioniche, ma con sobrietà e realismo (la tesissima e sanguinolenta sequenza del primo omicidio è a tale proposito molto eloquente) . Il personaggio femminile di Tia (Clémence Poésy) sa condensare una seduttività non stereotipata ma intensamente, gioiosamente ormonale, con una presenza psicologica e di dialogo decisamente apprezzabili. Anche i “cattivi di turno”, in particolare Papa B. (Joseph Mawle) e “Il Signore delle armi” (Eddie Marsan) tratteggiano caratteri innovativi mediante accenti recitativi ispirati e ispiratori di una sottile inquietudine. “Heartless”: molto, molto consigliato.     Regia: Philip Ridley Sceneggiatura: Philip Ridley Fotografia: Matt Gray Montaggio: Chris Gill, Paul Knight Musica: David Julyan Interpreti: Jim Sturgess, Clemence Poesy, Noel Clarke, Timothy Spall Nazione: Gran Bretagna Produzione: CrossDay Productions, May 13, Isle of Man Film, Cinema Two, Cinema NX, Matador Pictures, Regent Capital, Richard Raymond Films Distribuzione: Lionsgate (Europe) Anno: 2009 Durata: 110 min.


3 commenti:

  1. - Sibili Isterici -

    Domando esplicito punto di vista.

    La incontrai in assolato meriggio, piccola e rotonda, maglione azzurro, occhi glaciali, rabbiosi.
    Lei, novella Biancaneve dalle tinte viola, subito localizzata come chi "Ama tanto da strozzare".
    Fissò i miei imperscutabili occhi, ne rimase terrorizzata, tacendo, temendo chissà quale inconsulto gesto, definendomi solo dopo, a distanza di sicurezza, un uomo solo.
    Commise due errori:
    1) Credermi interessato.
    2) Allentare i movimenti della caviglia.
    La "Sentivo" vibrare di paura, nel proprio angolino nero e, dunque, anche mio.
    L' immagine "Visiva" Era di chi, pur credendosi farfalla, era in realtà verme.
    Gettare la maschera, essere viva, diceva.
    Balle...
    Associai una tua osservazione, inconscio mascherato, al modus operandi della sopracitata donna.
    Capita spesso mi senta come quei diamanti spettro capaci di riprodurre universi, immedesimazione, chissà.
    Ella raccontò fossi un uomo pericoloso, io, che mai sfiorerei una donna con un fiore.
    Ed è proprio questo, il punto focale...
    Dissimulare proprie patologie, attribuirle ad altri, è riflettere e svelare, senza saperlo, il proprio, sconosciuto malessere.
    I miei occhi, come specchio dell' anima altrui.
    Accadde tre anni addietro.
    Te l' assicuro, Angelo. Le griderei in faccia il mio sdegno, ancor oggi.
    Per chi odia il pregiudizio.
    Sottotitoli:
    Rabbia, ansia, angoscia, gelosia, vendetta, narcisismo.
    Tagliando corto...Cosa pensi della teoria che la lega a mascherato inconscio?

    Un saluto, e - Forse - Prossima traccia d' allegarsi specificamente alla pellicola.

    Cristian...

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  2. A proposito, dimenticavo...

    Cristian: "Metto il cappotto".
    Mamma: "Non metterlo".
    Cristian: "Fuori è freddo".
    Mamma (Aria desolata, quasi offesa): "Fai come vuoi".

    Interpreto questo breve scambio di battute come "Inconscio tentativo di stupro".
    Ricordi?
    Uomini e donne, si mandano al manicomio...

    In qualche modo, la situazione del protagonista di "Heartless".
    E - Mi permetto - Un possibile ed interessante blog...
    Di nuovo...

    Cristian

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  3. @Cristian: insomma, queste donne ti fanno disperare. Dalle proprie donne occorre infatti emanciparsi, cosa non facile, peraltro. Ma, si sa, la vita è dura :)

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