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mercoledì 12 ottobre 2011

Apollo 18, di G. Lòpez-Gallego (2011)


Nel 1970 la spedizione lunare NASA Apollo 18, venne lanciata nello spazio, ma incontrò parecchie e tragiche difficoltà lungo il suo percorso. Gli eventi che seguirono al lancio della spedizione furono così terribili che la NASA decise di nasconderli al mondo, arrivando a dichiarare che la missione non fu mai realizzata. Il film ci mostra cosa successe veramente...


"Apollo 18" è tutto costruito secondo la tecnica del "found footage", che consiste nel generare una storia filmica a partire da presunti "documenti reali". Si tratta, in altre parole, di un mockumentary più raffinato, per così dire, presentatoci come una sorta di documentario costruito tramite le "vere" riprese degli astronauti che hanno preso parte alla "vera" spedizione Apollo 18. Così infatti il film si presenta, in modo spoglio, scarno, come se il regista semplicemente ci mostrasse cos'ha trovato in un archivio segreto della NASA. Ma "Apollo 18" risulta, all fine, un film riuscito, soprattutto perché sembra un sogno, cioè il sogno che Gallego fa  di una spedizione che non è mai realmente avvenuta. E' questo suo aspetto "onirico", favorito anche dalle riprese non nitide, da videocamera amatoriale in movimento, a rendere il film gradevole e spiazzante al contempo, soprattutto perchè capace di aprirci ad un "altrove" sognante, che è poi quello, anche mitico della Luna. I nostri astronauti sembrano infatti dei cavalieri ariosteschi caduti sulla Luna per ritrovarvi un senno che invece perdono del tutto, poichè sul satellite amico, materno, luminoso, trovano invece l'Altro, lo Straniero, fonte di minaccia, imprevedibilità, straniamento cognitivo dato che le sue forme sono "strane", unhuman, in senso sia estetico che etico. Dialoghi e psicologia degli astronauti sono condotti con saggia semplicità, senza spingere l'accelleratore su una caratterizzazione yankee che sarebbe andata a detrimento dell'elaborazione di un allestimento giustamente claustrofobico: esterno selenico e interno della navicella sembrano infatti partecipare della stessa, siderale, atmosfera di isolamento pneumatico cui sono sottoposti i protagonisti della vicenda, isolamento che non viene alleviato dalla voce di Houston. Anzi, al contrario, il Capitano Benjamin Anderson (Warren Christie) e il suo equipaggio sono ben lontani dai climi cinematografici del famoso "Houston, abbiamo un problema" ("Apollo 13", 1995), e se anche pronunciassero quella frase, a nulla varrebbe l'aiuto tecnico della base terrestre. Sono soli, alle prese con un'incognita più grande di loro, sorpresi e atterriti dal ritrovamento di una navicella russa, che sulle prime li conforta, perchè tale ritrovamento sembra fornire una spiegazione, che poi aggrava invece la situazione, visto che le macchie di sangue che trovano al suo interno, non fanno certo presagire nulla di buono. Il film può risultare lento a tratti, forse anche faticoso nella percezione visiva ovviamente frammentaria in alcuni punti, tuttavia Gallego è in grado di imprimere una ritmica calibrata e alternata di colpi di scena e pause che a partire dal 40esimo minuto fa crescere la suspense fino a un climax interessante e che sa generare inquietudine (la sequenza in cui vediamo all'improvviso uno strano essere ragnesco camminare rapidamente all'interno del casco di uno degli astronauti, è qualcosa di veloce ma intensamente perturbante. Per non parlare, poi, delle interessanti sequenze di trasformazione psicofisica cui sono sottoposti i nostri eroi). A un prefinale piuttosto lento, segue tuttavia un finale molto efficace, definitivamente catastrofico, e anche abbastanza credibile, pur all'interno di una cornice di inverosimiglianza in stile [REC], che però è complessivamente ben armonizzata. Il film di Gallego si fa dunque vedere con un certo piacere perturbativo generale, anche perchè sa essere sufficientemente originale da elaborare una stilema mockumentary che riprende molti spunti dalla mitopoiesi, appunto, di [REC], senza mai comunque appiattirvisi in modo copiativo. C'è da dire inoltre che non è facile in ogni caso, soprattutto oggi in cui lo stile "mocku" è diventato dilagante (vedi i vari "Paranormal Activity" e compagnia bella), sfornare un film finto documentaristico senza cadere in facilonerie o ripetitività inconsapevoli. Gallego scansa bene gli ostacoli sul suo cammino in questo senso, e per questo (e non solo) va premiato consigliando senz'altro la visione del suo film.
Regia: Gonzalo Lòpez-Gallego Sceneggiatura: Brian Miller, Cory Goodman Fotografia: Josè David Montero Cast: Warren Christie, Ryan Robbins, Ali Liebert, Andrew Airile, Lloyd Owen, Michael Kopsa, Kurt Max Runte Nazione: USA, Canada Produzione: Apollo 18 Productions, Bekmambetov Projects Ldt. Durata: 86 min. 

9 commenti:

  1. bravo, concordo in pieno! I mockumentary sono spesso presi di mira da molti, ma è anche un genere che limita molto la creatività del regista (soprattutto quel timbro documentaristico che spesso si cerca di dare dovuto ai limiti che creano le inquadrature)
    woow! questo apollo 18 pensavo che sarebbe uscito nel 2012 invece eccolo qui!! ciao ;)

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  2. @ waYne: sì, waYne, il mockumentary comincia a stufare anche me, e quando trovo cose fatte anche bene come questa, la segnalo :)

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  3. Se ben fatti, come i due Paranormal Activity, i mockumentary mi fanno una grande strizza. Di Apollo 18 ne avevo letto così così, ma davanti a un parere così positivo non posso che essere fiducioso. :)

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  4. @ Simone: sono d'accordo. Vero è, tuttavia, che il sottogenere "mockumentary" ci ha anche un pò scocciato, neh?

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  5. a me non hanno stancato...comunque ben vengano le critiche negative ai mok, se ben motivate non sono altro che utili consigli per un miglioramento al genere.

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  6. @ waYne: la mia opinione critica circa l'uso ossessivo del mockumentary risiede nel considerare negativa la tendenza di certi film (non tutti) di voler a tutti i costi far sembrare vera la storia, centrando tutto il pathos perturbante su tale scelta. Ma in verità, non è che l'inquietudine, come sentimento mosso dall'imaginario filmico, sia maggiore se supportata da elementi di realtà. E chi l'ha detto? Possiamo citare decine di film "classici" molto più inquietanti di altrettanti "mocku".

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  7. i mocku, essendo nati come falsi documentari, non possono fare altro che sconvolgerci per il loro aspetto reale, facendoci sembrare il tutto come se fosse un fatto di cronaca. Questo non lo vedo come un difetto, come dicevo prima lo considero un aspetto del genere. Sbaglio?

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  8. @ waYne: no, non sbagli, però mi sembra che ormai il pubblico si sia arciabituato a questo tipo di metodologia. Che è come dire che a furia di gridare "al lupo, al lupo!", poi uno volge le orecchie altrove, anche se a un certo punto salta fuori un lupo-mockumentary bello e ben fatto. Intendevo dire questo, cioè.

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