Patrick e Louise sono in lutto per la recente perdita della figlia Alice, uccisa a seguito di un'aggressione da parte di un cane selvaggio. I due si trasferiscono nella remota cittadina di Wake Wood, per ricominciare da capo la loro vita. Qui la coppia apprende di un rituale pagano che gli permetterebbe di passare ancora tre giorni con l’adorata Alice. Patrick e Louise trovano l’idea disturbante ma allo stesso tempo foriera di speranza. Alla fine accettano le condizioni di Arthur, il capo villaggio, ma la questione più importante resta in sospeso: cosa fare quando Alice tornerà indietro?
"Wake Wood" è una lieta sorpresa nel grigio e omologato panorama delle produzioni horror cinematografiche postmoderne che ci tocca di sorbirci da mane a sera. Intanto stiamo parlando di un rural-gothic horror dal budget ridotto all'osso, e tutto basato su atmosfere ed ellissi capaci tuttavia di trasmettere emozioni inquietanti, in modo tipicamente british, o per meglio dire irish. E tutti sappiamo ormai da tempo, quanto molti registi di genere delle isole britanniche, siano in grado di farci respirare un'angoscia multiformemente declinata, decantata, marinata e servita fredda, quant'altri mai. Personalmente sono anni che attendo invano un vero rural-gothic horror in stile italiano e, a parte qualche coraggioso Pastrello di turno, mi devo accontentare di uno Zampaglione che riprende ex soldati americani sul Tarvisio in mountain-bike, oppure dei soliti deliri senili di un Argento ormai fuori da ogni logica estetica. E pensare che il nostro entroterra provinciale agricolo fornirebbe chissà quante ispirazioni a un regista appena diplomato al Dams (basti riflettere un secondo sugli studi antropologici di Ernesto De Martino sui tarantolati pugliesi, oppure su certe tradizioni rurali dell'appennino bolognese). Ma torniamo al film di Keating (sarà meglio), che dipinge un'Irlanda viscerale, arcaica, chiusa nell'autismo del paesino di Wake Wood, comunità rurale che sembra rimasta ai tempi di un "Albero degli zoccoli" gaelico, ambiente comunitario in cui tutto si svolge intorno ai ritmi stagionali della natura, e che ha come base-simbolo la farm. Quivi i due genitori disperati si rifugiano, come in ritiro spirituale per cercare di annegare il dolore del lutto relativo alla figlia Alice, uccisa da un cane. Keating lavora una sceneggiatura nella quale l'occhio della macchina da presa sceglie di valorizzare la sfumatura quotidiana del macabro, il ritmo lento della vita strapaesana dei vari personaggi, e a tratti sembra di leggere un libro di John Ajvide Lindqvist, nel quale la cupa natura segue ed insegue come un'ombra paranoide i protagonisti. Notevoli appaiono in tal senso le sequenze della veglia funebre del contadino morto schiacciato da un bue, mentre Patrick, che fa il veterinario, tenta di iniettare una dose di antinfiammatorio all'animale recalcitrante. Si tratta di sequenze che descrivono i dimessi interni di una povera casa contadina: vediamo tremolanti candele accese, il corpo del morto steso nel letto, e alcuni primissimi piani della mano della moglie che con una forbice sta tagliando le unghie al cadavere; tutto è molto "semplice", molto umile e "antico", ma insieme anche assai funereo ed emotivamente straniante. Stesso discorso vale per le sequenze dell'esumazione di Alice sotto la pioggia fitta: occorre una certa inventiva perturbante per poter sceneggiare la situazione di due giovani genitori che disseppelliscono la figlia morta, perdinci. E' giustappunto questa inventiva messa in campo da Keating in modo visivamente toccante, a rappresentare il maggior pregio del film. Un film che inquieta molto senza neanche ricorrere ai soliti special effects hollywoodiani che hanno ormai saturato le nostre pupille. Ad esempio la inquadrature in campo medio e primo piano alternati, del rito nella corte della fattoria, con il cadavere appeso, possiedono una loro potenza perturbante determinata solo dai movimenti di macchina e da un sonoro musicale martellante e perfettamente sinistro nel descrivere la situazione. Il film, tuttavia, non è un capolavoro, e personalmente avrei lavorato di più la prima parte dello script, cioè la morte della bambina e il lutto successivo dei genitori (sebbene sembri chiaro che Keating si voglia tener lontano da suggestioni von trieriane in stile "Antichrist"). Inoltre i due attori protagonisti, Aiden Gillen e Eva Birthstle non mi sono parsi molto ispirati rispetto all'identificazione (peraltro molto difficile, mi rendo conto) con due genitori a cui accade la cosa peggiore al mondo. Aldilà di queste ultime pecche narrative, che non gravano peraltro sull'architettura d'insieme del film, direi che "Wake Wood" merita certamente una visione poichè contribuisce sommamente a rinvigorire la declinazione rurale-antropologica del cinema perturbante anglosassone.
Regia: David Keating Sceneggiatura: David Keating, Brendan McCarthy Cast: Aidan Gillen, Eva Birthistle, Timothy Spall Nazione: Gran Bretagna Produzione: Hammer Film Productions, Fantastic Films, Solid Entertainment Anno: 2008
Concordo sul fascino evocato dal contesto, ma Wake Wood rimane per me un'opera approssimativa al massimo. Se ci pensi bene, se uno togliesse al film tutte le menate sui rituali, rimarrebbe poco e niente da apprezzare. Mi fa piacere comunque che anche tu hai notato che gli attori sono alquanto anonimi (anche se la responsabilità sarebbe più da additare ad una scarsa sceneggiatura). Grande delusione...
RispondiElimina@ Alan Parker (Antonio): sì, infatti, come avrai notato dalla mia recensione, ho tenuto a sottolineare che il film NON è un capolavoro. Tuttavia è presente uno sforzo nel generare atmosfere angoscianti. Poi lo sforzo, certo, si disperde, ma per molteplici ragioni, tra cui sicuramente quella di una sceneggiatura che andava rimaneggiata più accuratamente. Rimane comunque (a mio avviso) visione da effettuare, per le motivazioni segnalate, e che quindi non ripeto :)
RispondiEliminaLetto la recensione con molto interesse la tua recensione.Per quello che riguarda il film ho sentito pareri contrastanti finora,attenderò di vederlo per potermi fare un idea. Ciao.
RispondiEliminaSto leggendo pareri incredibilmente contrastanti a proposito di questo film, quindi direi che non me lo posso perdere!
RispondiElimina@ Nick, MrJamesFord: è un'ottima cosa che un film generi interpretazioni conflittuali. Significa che possiede un'estetica sua specifica e non omologata che evoca idee differenti. A me non è dispiaciuto, nonostante contenga "pecche" e "buchi" che potevano tranquillamente essere evitati, on my opinion.
RispondiEliminal'ambientazione rurale di solito mi mette angoscia, non so bene perché. quindi questo me lo segno (tanto più che la produzione british/irish promette bene)
RispondiEliminaArrivo in ritardo come al solito... ma sono molto felice di leggere la tua recensione che attendevo con ansia.
RispondiEliminaVedo con piacere che siamo molto allineati e ho adorato (sul serio) il tuo commento sulla "non omologazione" della pellicola che fa nascere pareri contrastanti. Anche (o soprattutto...) per questo ho trovato WW davvero molto bello. Che non sia un capolavoro, l'ho segnalato anche io nel mio blog, ma si piazza molto bene nella mia classifica dei migliori del 2011.
Grazie per la recensione!
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RispondiElimina@ Marco: Madre Natura mette sempre angoscia :)
RispondiElimina@ Eddy: Mi fa piacere di aver sedato le tue ansie :)Rispetto alla classifica dei "migliori" del 2011, per adesso avrei dei seri problemi a stilarne una. Sto aspettando che esca l'ultimo film (in post-produzione, credo) di Pascal Lauguier, "The Tall Man". Dopo "Martyrs", questo regista francese ci fa attendere a lungo, purtroppo. Aveva iniziato a girare "Details", ma sembra sia scomparso dalla scena, almeno a dare ascolto a IMDB. Boh.
Sembra interessante, magari una sera me lo vedrò, anche se dubito che potrò mai trovare un horror alla pari di Martyrs.
RispondiEliminaUn saluto e complimenti per la recensione
@ Marcello: certo, come "Martyrs" ne ho visti pochi di film di simile portata :)
RispondiEliminaIo invece l'ho ritenuto un film alquanto mediocre, seppur non trascurabile proprio perché come si dice pure nei commenti non è perlomeno omologato ed è in qualche modo originale per certi versi. Detto questo non ho apprezzato quasi nulla della sceneggiatura, senza considerare gli attori veramente fuori parte. In alcuni casi, poi, si cade addirittura nel ridicolo involontario, soprattutto nel finale, questo sempre secondo me ovviamente.
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