Il tema della “casa” e delle sue implicazioni perturbanti non è un’esclusiva del C.P. (Cinema Perturbante). Anche in ogni trattamento psicoanalitico esso emerge come metafora ricorrente. Per il paziente l’analisi è una base sicura, una “casa analisi” presso cui ritornare e dove “fare rifornimento” di “cibo mentale”, di ascolto, di attenzione. Anche la mente è spesso vista in analisi come una “casa”, sovente “in costruzione”, o in “ristrutturazione”. A volte essa però diventa una casa infestata da “fantasmi”, da pensieri ossessivi che non se ne vogliono andare, da angosce di vario tenore che albergano nel chiuso delle stanze della psiche e opprimono ogni spinta vitale. Un mio paziente ad esempio sognava spesso di trovarsi a casa sua, steso sul divano del salotto, e di ritrovarsi improvvisamente sdraiato in un dormitorio pubblico, come un clochard abbandonato da tutti: la sua casa si trasformava da luogo sicuro in non-luogo indifferenziato, e allo stesso modo viveva il suo divano analitico, la sua “casa-analisi”. Il C.P. in un modo simile al sogno del dormitorio del mio paziente, allestisce scenari in cui si rappresenta la casa come capovolgimento di rassicuranti certezze. Nel C.P., la casa è confine spaziale che significa confine protettivo dell’Io da intrusioni esterne, ma che diviene Perturbante traumatico proprio nella misura in cui ciò che dovrebbe rassicurare si trasforma esso stesso in intrusione traumatica. Pensiamo a un mitema del cinema horror, quale “The Hamitiville Horror”, di Stuart Rosenberg (1979), tratto dal romanzo di Jay Anson (1977). Il film parla della famiglia Lutz, che prende possesso, coi suoi tre bambini, di una bella e grande casa a Long Island, nonostante il fatto in sé raccapricciante, che la dimora era stata teatro, appena un anno prima, di terribili fatti di sangue. Padre Delaney, sacerdote amico della moglie Kathy, è certo che la casa, costruita nello stesso posto in cui secoli prima si svolgevano riti satanici, sia infestata da presenze demoniache. Dopo avere cercato inutilmente di avvertirli, padre Delaney diviene cieco ed impazzisce. Nel frattempo George, il marito, inizia a comportarsi stranamente fino a rischiare di diventare un assassino. La “casa maledetta” diventa essa stessa il “personaggio” fondamentale di una storia in cui il “confine” protettivo dell’Io si rompe irrimediabilmente, e porta alla follia, all’”accecamento”. E’ proprio il rapporto tra rottura del confine e follia-frantumazione, ad eleggere il tema della “casa maledetta” come centrale nel C.P. La follia-frantumazione investe un’altra membrana protettiva sociale fondamentale, che è quella della famiglia. Ma la famiglia è sempre (inconsciamente) vissuta dall’Io dell’individuo come coppia genitoriale. La coppia genitoriale è dunque un contenitore protettivo che diventa prolungamento dell’Io nel suo muoversi nel mondo, e il C.P. prende di mira parallelamente il contenitore rassicurante spaziale della casa, così come quello più psicologico-relazionale, cioè è appunto quello della coppia dei genitori. Un altro tipo di contenitore-confine protettivo correlato a quello della coppia, è senza dubbio quello della funzione paterna, così egregiamente trasformata in perturbante esperienza emotiva in quel capolavoro cinematografico che è “The Shining”, di Stanley Kubrick (1980), tratto dall’omonimo romanzo di King. Anche in questo caso abbiamo a che fare con uno spazio abitativo (l’Overlook Hotel) e con una triade edipico-familiare classica (Nicholson-Duvall-Lloyd), minacciata dallo spazio-casa in cui dimorano. Uno spazio intriso di “fantasmi”, di “memorie” non elaborate, di colpe mai espiate e di crimini irrisolti. Di fronte a questo spazio, che è poi rappresentazione del non-spazio dell’Inconscio, la funzione paterna si perde fino a sciogliersi dai suoi legami d’appartenenza familiare, e fino a perdere la sua funzione di contenitore: il Perturbante traumatico si insinua proprio qui, corrodendo cioè proprio quel pilastro mentale che è il Padre come Funzione Organizzativa della Mente. La genialità di Kubrick consiste assolutamente nel descrivere lo smantellamento dello spazio protettivo della funzione paterna, ad opera di un “Altro Spazio”, più grande, più misterioso, e soprattutto più potente, lo spazio maledetto (e Inconscio) dell’Overlook Hotel. Jack Torrence-Jack Nicholson diventa così gradualmente, un Achab al cospetto di una Moby Dick-Overlook, che alla fine avrà naturalmente la meglio su di lui, fagogitandolo nel suo gelido ventre labirintico. Ritengo non sia affatto casuale che gli stilemi narrativi tipici del C.P. elegga lo Spazio Domestico come categoria privilegiata per rappresentare il Trauma. Il Guardiano del confine domestico è infatti, appunto, la Funzione Paterna, un Padre che possiamo rappresentarci come una specie di cacciatore carducciano che sta “sull’uscio a rimirar” (vedi G. Carducci: “San Martino”). Nel C.P. l’”uscio” della casa protettiva diventa invece una trappola, una segreta che aggetta verso l’interno di angosce paranoidi che, come “stormi di uccelli neri” minacciano (dall’interno, appunto) il contenitore familiare. Il C.P. possiede la capacità poetica di rappresentare tali angosce, possiede una sorta di “occhio clinico” particolare nel cogliere la fragilità del confine, “usando” questa fragilità come “oggetto di studio”, e costruendoci sopra, per esempio, il tema della “casa maledetta”, sempre e comunque connesso ad oggetti interni coniugali o parentali. Così facendo, attraverso la mediazione del “processo di raffigurabilità”, il C.P. ci permette tuttavia di parlare di questa fragilità, le dà cioè parola, le consente un rifugio, un frame narrativo-contenitivo dove permanere ed esprimersi, consentendo così una embrionale possibilità di elaborazione dello stesso trauma che mette in scena. La caduta della funzione paterna e dei cosiddetti "garanti metapsichici" (ne parleremo nel prossimo post) sono temi molto attuali, nonchè fondamentali per capire le odierne evoluzioni-involuzioni culturali in cui versa l'umanità contemporanea. Proprio tal senso possiamo dire che il C.P. ha un valore testimoniale-sociale considerevole .Abbiamo già detto che il Cinema consente una rappresentazione sociale del trauma: ora questo "trauma" si configura meglio in quanto crisi della Funzione Simbolica del Padre come organizzatrice-confine della mente. Ma anche di questo parleremo nei prossimi post . (Segue).
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