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mercoledì 17 novembre 2010

Lo specchio nel buio. Il Perturbante freudiano e il Cinema Horror (4)


Nel suo tentativo di definire la dimensione emotiva del Perturbante, Freud sottolinea che esso evoca il ritorno di qualcosa di nascosto, di segreto: “E’ unheimlich tutto ciò che avrebbe dovuto rimanere segreto (Geheimnis), nascosto, e che è invece affiorato (Freud, 1919, pag. 86). Il Perturbante freudiano è cioè fortemente connesso al meccanismo della rimozione, che genera “turbamenti dell’Io”, e “(…) l’elemento angoscioso è qualcosa di rimosso che torna”. Com’è noto, la relazione tra “casa”, “familiarità”, “trauma” e “perturbante”, è un caposaldo centrale della teoria estetica freudiana. Nel suo breve saggio su “Il poeta e la fantasia” (1908), Freud descrive l’artista come un’architetto che sa ospitare gli aspetti appunto più nascosti e “urtanti” della nostra interiorità, dando loro, appunto, una “casa”, cioè una rappresentazione che cerca di contenere, nascondendoli, tali lati oscuri di noi stessi, ma che poi comunque si mostrano proprio attraverso la metafora artistica. L’artista trova un compromesso con l’inconscio, stabilisce regole di un gioco: ma con la forma dei suoi quadri, dei suoi versi, lo nasconde. Celando l’inconscio, l’artista permette così un suo ritrovamento. Questo paradosso è l’essenza del pensiero freudiano, esso è, come scrive Recalcati (2003), "la razionalizzazione linguistica di un contenuto (inconscio) che a stento si fa contenere, anche nei suoi aspetti folli, psicotici." E’ possibile dunque intravedere una somiglianza tra l’artista e lo psicoanalista; la differenza sta nel fatto che l’artista è guidato a questo ritorno al reale da un’ispirazione artistica che trova la sua origine unicamente dai moti inconsci che muovono il suo fare, mentre, lo psicoanalista procede con un metodo medico-scientifico che si basa sull’ascolto del paziente : a guidarlo è quindi un presupposto teorico/curativo. Entrambi, tuttavia, artista psicoanalista (e aggiungiamo qui naturalmente anche il regista cinematografico), condividono una responsabilità, che è ciò che potremmo cominciare a definire responsabilità del rappresentare. Un’opera d’arte, un film, così come una interpretazione psicoanalitica si assumono infatti l’onere di “rendere conscio l’inconscio”, sebbene partano da assunti differenti e rispondano a statuti disciplinari, linguistici ed epistemologici diversi e perspicui. “Rendere conscio l’inconscio” è quindi un’operazione relativa alla conoscenza umana, e alla conoscenza dell’umano, e in questo senso si rivolge automaticamente ad un orizzonte “pubblico”, non “autistico” ed autoreferenziale: c’è un gruppo, un collettivo, una comunità cui trasmettere conoscenza, e già solo in questo possiamo cogliere dove risiede questa responsabilità, questa etica del rappresentare. Il Cinema Perturbante, ha spesso parlato di quel Geheimnis, di quel "segreto", che si mostra all’uomo come unheimlich, il Perturbante di cui ci parla Freud, e abbiamo visto nei post precedenti come il genere horror prediliga spesso un racconto in cui questo "segreto" riguarda proprio la Funzione Paterna: si tratta di un Padre che da protettivo mostra il suo lato segreto, l'altra faccia della luna, la sua faccia da Licantropo. Riteniamo che proprio questo sia il "rimosso", il "segreto", il Geheimnis che caratterizza l'Inconscio contemporaneo, o per meglio dire l'Inconscio di noi contemporanei, così uguale, ma simultaneamente così diverso da quello di cui si occupava Freud ai suoi tempi. Un Inconscio contemporaneo che nasconde appunto la  trasformazione, o meglio la trasfigurazione perversa della Funzione Paterna, che si fa quindi Perturbante. Il Cinema Perturbante (un certo tipo di Cinema, esteticamente valido e titolato in questo senso), si assume oggigiorno l'onere di parlarci di tale trasfigurazione, ti tale "segreto che ritorna", e proprio in questo consiste la sua responsabilità di rappresentare. (Segue)

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