Va dato merito a George VanBuskirk, giovane esordiente regista di Brooklyn, di gettare con questo suo “Camp Hell” (o "Camp Hope", come è stato alternativamente distribuito), uno sguardo acuto e profondo sul mondo dell’adolescenza, già a partire da un ottimo e fresco casting composto da giovani attori sconosciuti e ben selezionati. Lontano mille miglia dalle stereotipie adolescenziali cui il cinema hollywoodiano ci ha abituato ormai da tempo immemore, VanBuskirk descrive attraverso tonalità drammatiche i turbamenti di un “giovane Törless” proveniente da una famiglia cattolica iperbigotta, che lo costringe a frequentare il solito ritiro spirituale annuale presso “Camp Hope”, comunità religiosa guidata da un prete molto carismatico quanto dannoso per le fragili menti dei ragazzi ivi convenuti. Thomas è turbato da pensieri peccaminosi, cioè dall’idea della masturbazione, dalla sessualità il cui richiamo comincia a farsi prepotentemente sentire, nonché dalle seduttive movenze di Melissa (Valentina de Angelis), una ragazza conosciuta a Camp Hope, con cui avrà la sua prima esperienza erotica. Il tutto è raccontato da Van Buskirk con una sguardo ispirato da grande tenerezza. Sguardo che si fa poetico proprio nelle scene d’amore tra Thomas e Melissa, raccontate con una dolcezza che è raro vedere di questi tempi, e soprattutto nel “cinema adolescente” (il confronto con i vari Twilight è semplicemente stridente e fa diventare i soliti vampiri della Meyers, degli stolidi pezzi di legno: da ardere, naturalmente). E’ molto interessante in questo film anche l’uso narrativo dell’ambiguità nel presentare una storia che già nel titolo introduce un enigmatico paradosso, dal momento che la comunità cattolica si chiama “Camp Hope”, mentre il film s’intitola “Camp Hell”. La dialettica linguistico-significante tra Inferno e Speranza rende bene, già di per sé, la tensione interna delle varie e polimorfe anime dell’adolescente, soprattutto (e saggiamente) sul versante dell’introspezione psicologica, impreziosita da dialoghi e interazioni tra personaggi assai ben costruiti, poiché fotografa con precisione l’adolescenza intesa come trauma e come ritraumatizzazione della relazione. Il ruolo dei genitori, narcisisti in quanto interessati al loro ideale sociale e religioso, piuttosto che al benessere psicologico dei propri figli, è a questo proposito centrato e psicologicamente ben calibrato, anche all’interno di una storia che sottolinea la separazione dalla famiglia come “rito di passaggio” (ci troviamo infatti in un bosco isolato, metafora dell’essere abbandonati come Pollicino coi propri fratelli, e messi a contatto con la foresta pulsionale e aggressiva del proprio inconscio, senza più l’alone protettivo di mamma e papà). Il viraggio “horror-demoniaco” non è poi troppo calcato, ma ugualmente produce un effetto di straniamento inquietante, visto che non è mai del tutto chiaro e “spiegato”, per fortuna, cosa accade sotto i nostri occhi: si tratta di allucinazioni di Thomas? Oppure il Demonio è entrato davvero a Camp Hope e utilizza la fisiologica angoscia adolescenziale per manifestarsi? Qualunque cosa stia accadendo, il messaggio che VanBuskirk desidera trasmetterci è quello di una ferma denuncia del devastante effetto traumatico dell’ideologia religiosa sulla mente delle giovani generazioni, non importa se musulmane, cattoliche, o di altra confessione. E’ l’anti-naturalità dell’indottrinamento e della Fede a distruggere la coscienza, che invece segue sue vie naturali, vitali, nelle quali l’inconscio, il desiderio e la sessualità giocano un ruolo fondamentale che non si può negare o manipolare, pena la morte psichica di chi si trova in un momento fisiologico di grande vulnerabilità. E questo vale per il giovane kamikaze indottrinato da Al Qaeda, come per il giovane cristiano della provincia americana. Elemento ulteriormente interessante ed esteticamente rilevante di questo film è anche il fatto che è capace di evocare tutta questa linea di associazioni, nonché di far vibrare una certa inquietudine (si pensi alla sequenza delle tre colombe insanguinate che il prete trova sotto il suo cuscino, oppure all’uso di un sonoro che si avvale di scricchiolii sinistri e altri suoni perturbanti) nonostante un budget ridottissimo e un cast di attori non professionisti, ma condotti da una mano registica ferma e sapiente. Un film “minore”, certamente, ma che vale la visione. Regia: George VanBuskirk Sceneggiatura: George VanBuskirk Fotografia: Michael McDonough Montaggio: Misako Shimizu Musica: Gary DeMicheleCast: Jesse Eisenberg, Dana Delany, Andrew McCarthy, Spencer Treat Clark, Connor Paolo, Bruce Davison, James McCaffrey, Valentina de Angelis, Drew Powell, Will Denton, Christopher Denham, Ato Essandoh Nazione: USA Produzione: Holedigger Films, New Films Cinema Anno: 2010 Durata: 91
Nessun commento:
Posta un commento